La scoperta di una sacra immagine avviene qualche volta insieme con quella di un tesoro che è indicato dalla Divinità stessa, perché serva ad erigerle la chiesa. Il santuario della Madonna del Latte Dolce a Sassari fu costruito con le ricchezze mostrate dalla Vergine a uno scemo il quale riacquistò poi la ragione; così la chiesa di San Marco, non molto lontana da Tresnuraghes, fu fatta costruire da una donna cui il Santo aveva insegnato il modo d’impossessarsi di una caldaia piena di danaro, sotterrata profondamente nel terreno.
Le leggende sui tesori le quali hanno avuto una grande diffusione nel Medio Evo fiorirono e fioriscono ancora molto numerose anche in Sardegna, dove il tesoro si chiama siddátu nel centro e nel settentrione dell’isola, scusórgiu nel mezzogiorno e pósidu in qualche località, come per esempio a Dualchi. La Sardegna offre ancora oggi all’archeologo un largo campo di ricerche e di studi appunto perché il sottosuolo, quantunque sia stato già molto frugato, riserba tuttavia delle sorprese non solo allo studioso, ma anche al pastore e al contadino; questi trovano spesso monete antiche e oggetti preziosi che accendono più che mai la loro fantasia e li persuadono a delle ricerche non sempre infruttuose, anzi qualche volta
fortunate. Quindi le numerose leggende che su questo argomento si andarono formando tra i sardi hanno, nel loro complesso, un fondo di verità; le lotte che dilaniarono l’isola e le incursioni saracene che la funestarono dovettero effettivamente indurre le varie popolazioni ad affidare alla terra protettrice i loro averi, prima di fuggire dinanzi al nemico vincitore o alla invasione dei barbari.
Ad epoca remota risale la ricerca dei tesori in Sardegna; qui come altrove, fu regolata da norme giuridiche minute e precise, le quali si resero necessarie specialmente al tempo del dominio spagnuolo, quando essa divenne addirittura una febbre. Dal Prof. Taramelli, direttore del Museo di Cagliari, mi fu mostrata la copia di un curioso documento in lingua spagnuola il quale contiene un lungo elenco di tesori nascosti in Sardegna, che sono indicati con una cura minuziosa; il compilatore ha certo lavorato in parte di fantasia, in parte deve aver attinto alle tradizioni esistenti nei vari luoghi, ma il documento non sembra scritto da uno che volesse burlarsi delle fole che sardi raccontano intorno alle misteriose ricchezze raccomandate alla custodia della terra. Il documento è intitolato: Antiguedades de Sardeña sacades en ciudad de Pisa de los archivos autenticos. In fine si legge: «Per cavare del nostro autentico questo registro mi son pagato della moneta della città di Pisa – Anno 1721 – Toma Forlino Bibliotecario e Notaro di Pisa».
In questo elenco, i tesori sono per la maggior parte collocati vicino alle chiese, (si ricorda l’antichissima chiesa di San Francesco d’Oristano che fu fatta demolire dall’arcivescovo Mons. Bua per trovarvi un tesoro) ma il popolo crede che molti di essi giacciano anche nei pressi degli antichi monumenti preistorici. L’archeologo che, dopo uno studio accurato e paziente, arriva alla scoperta di una stazione neolitica, di una necropoli creduta ignorata, si accorge spesso di essere giunto troppo tardi e di essere stato preceduto dai cercatori di tesori che hanno frugato dappertutto e hanno messo tutto a soqquadro. I nuraghi sono minacciati continuamente dai pastori che, per trovare il prezioso deposito, ruinano e scavano con una fede cieca la quale rasenta il fanatismo. Non sono pochi i monumenti nuragici e le tombe dei giganti che prendono il nome dal tesoro che vi si crede sotterrato,(Si chiamano Su scusórgiu una sepoltura di gigante presso Baunei e un nuraghe a Gesturi e a Sini. Un nuraghe De su schisórgiu è vicino a Santadi, un altro detto Su siddádu è nel territorio di Sindia ecc. Anche i tumuli megalitici dell’Africa sono considerati come nascondigli di tesori) come certe località per le quali sarebbe difficile determinare donde abbiano derivata la loro fama.
Un territorio ricco di tesori sarebbe intorno a Dorgali, dove si trovano varie regioni dette S’iscusórgiu di Biristéddi, S’iscusórgiu Lotronidda, S’iscusórgiu sa Serra, S’iscusórgiu Lortéi ecc.
A volte la fantasia popolare non si limita a creare l’esistenza di un tesoro, ma cerca anche di stabilirne l’origine; così parecchi tesori si credono dovuti alla munificenza dei giudici e nascosti al tempo loro, come quello che fu ricercato invano per oltre un ventennio a Sassari, nella casa detta di Michele Zanche.
A Esterzili, si crede che, nel monte Santa Vittoria, siano sepolti i paramenti e gli arredi sacri di sette chiese e le ricchezze di sette paesi che furono un tempo intorno al suddetto monte. I pisani, che ebbero a temere l’invasione di un popolo, seppellirono tutti i loro averi in un pozzo profondo quaranta metri e chiuso con uno strato di sabbia e di calce. Mi raccontarono che, essendosi trovata nel 1912 una carta nella quale si parlava di questo tesoro, furono fatti degli scavi, ma non si rinvenne altro che un idoletto di bronzo, delle perle antichissime e uno scheletro umano, perché le ricerche non seguirono le indicazioni precise del documento.
Però in generale il popolo o attribuisce al tesoro un’origine favolosa o si contenta di sapere soltanto che esiste e che può venire in suo possesso per una fortunata combinazione, quantunque ciò sia tutt’altro che facile. Infatti, secondo le nostre leggende, per lo più il cercatore è sfortunato e vede fallire l’impresa proprio nel momento in cui sta per afferrare le ricchezze bramate.
Non mancano però i fortunati; di molte ricche famiglie, si dice che abbiano iniziato la loro fortuna con la scoperta di un tesoro, al quale si attribuiscono pure le ricchezze dei Cresi leggendari di Sardegna.
Mi narrarono che una volta queste furono scoperte da una capra che, fuggendo dal gregge, si lasciò inseguire dal pastore e lo guidò, a poco a poco, sul luogo del tesoro; ma, per lo più, questo viene indicato direttamente a chi deve toccare, dal custode stesso.
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