La presenza dell’uomo sul colle di San Michele risale ad un epoca molto remota, forse sin dal periodo neolitico (2700-1800 a. C.) come dimostrano alcune mazze ritrovate in loco diversi anni or sono. In un primo periodo l’uomo trovò rifugio all’interno di piccole grotte, tra cui la cosiddetta Grotta di San Michele oramai non più identificabile a causa delle trasformazioni subite dal colle nel corso dei secoli.
La presenza dei cartaginesi e dei romani è testimoniata dalle gallerie che questi popoli scavarono sui fianchi del colle per estrarre blocchi di calcare.
La frequentazione cartaginese è attestata anche dall’esistenza di una cisterna che si trova poco oltre il fossato che circonda il Castello dal lato che si rivolge verso la pianura del Campidano, esattamente in corrispondenza del Cimitero San Michele. Attualmente è visibile l’imbocco che è coperto da una grata di ferro. L’interno è poco profondo ed è coperto da detriti, inoltre la poca luce che filtra dall’esterno e la situazione di degrado della struttura non permettono nemmeno di riconoscere il rivestimento impermeabilizzante della cisterna, già osservata e studiata in passato. Un’altra cisterna più grande si trova nel cortile interno del Castello e fu costruita al tempo dei pisani. Questa soddisfaceva alle necessità idriche del Castello soprattutto durante i lunghi periodi di assedio.
La fisionomia originaria del colle San Michele è mutata notevolmente in seguito all’apertura, nel secolo scorso, di grandi latomie, cioè cave per l’estrazione di blocchi di calcare destinati all’ edilizia. Questi interventi oltre ad aver deturpato l’aspetto naturale del luogo, hanno coperto le testimonianze lasciateci dai più antichi frequentatori del colle confondendole con le opere realizzate in epoca contemporanea.
Le fonti storiche raccontano che sulla sommità del colle di San Michele si trovasse un monastero vittorino dedicato all’Arcangelo Michele. Il Castello di San Michele venne edificato agli inizi del XIII secolo dai pisani, con l’intento di difendere la città, che allora sorgeva sulla Laguna di Santa Gilla, da possibili tentativi d’invasione provenienti dal Campidano. Di questa fase restano solamente due torri che si innalzano in posizione nord e sud sul lato orientale, uno stemma e parte delle mura.
Sbarcati gli Aragonesi nell’Isola (1323), l’Infante Alfonso concedeva in feudo Sinnai a Berengario Carroz, purchè restaurasse il castello. Questi lo rinominò “Castello di Bonvehi” per la vista che si gode dal colle. Il Castello venne circondato da un ampio fossato, ricavato nella roccia calcarea del colle ed una volta sollevato il ponte levatoio, diventava un baluardo inespugnabile per le armi nemiche. Inoltre aggiunse la terza torre sul lato sud (anche se il progetto ne prevedeva due), più alta rispetto alle altre due ma più tozza.
Berengario Carroz si trovava allora nella cittadella fortificata di Bonaria, dalla quale gli Aragonesi assediavano i Pisani chiusi in Castel di Castro.
Si dice che Berengario fece smantellare la basilica di S.Saturno, posta all’interno della cittadella, e che coi suoi pezzi abbia adornato i suoi palazzi e lo stesso castello di S.Michele. Il castello divenne ben presto la roccaforte dei Carroz, che ospitarono al suo interno malfattori ed altri personaggi equivoci che effettuarono frequenti scorrerie nel circondario.
Molti personaggi illustri si lamentarono presso il sovrano dello strapotere dei Carroz, ma si trattava di una famiglia troppo potente, legata fortemente alla famiglia reale.
Per tutto il XIV sec. il castello, uno dei capisaldi aragonesi nell’Isola, ottenne approvvigionamenti e benefici dai vari sovrani succedutisi.
Nel 1470, durante la rivolta di Leonardo Alagon contro il Viceré Nicolò Carroz d’Arborea per la successione nel marchesato d’Oristano, il castello venne occupato dall’Alagon, ma tornò nelle mani dei Carroz di Quirra pochi anni dopo. Continuarono i soprusi e le ambigue frequentazioni dei Carroz, di cui fu protagonista fra la fine del XV e i primi del XVI sec. Donna Violante, la tanto temuta contessa che fu maledetta dal clero e dagli uomini dopo l’assassinio di un sacerdote.
Da lei il castello fu anche detto della “contessa” …..
Durante la terribile epidemia di peste che colpì la città (nel 1656) venne utilizzato come lazzaretto. Nel 1793 il Castello conobbe un ultimo momento di gloria: durante il tentativo di invasione delle milizie napoleoniche venne dotato di cannoni per difendere la città contro eventuali attacchi francesi provenienti dallo stagno di Santa Gilla. Quando Cagliari non fu più una città fortificata, il Castello di San Michele perse definitivamente ogni ruolo difensivo.
Nel 1895 la fortezza, insieme al colle omonimo, fu desmanializzata e ceduta al marchese Edmondo Roberti di San Tommaso (che fu per molti anni sindaco di Cagliari), che si occupò dei primi lavori di restauro del Castello, affidandoli all’architetto Dionigi Scano, ed iniziò l’opera di rimboschimento del colle. Infine il Castello, seppur per breve tempo, ospitò la Stazione Radiotelegrafica della Marina.
In questi ultimi anni il Castello di San Michele è stato restaurato ed il colle è stato trasformato in un bellissimo parco verde. Al suo interno ci sono anche un ristorante ed un bar all’aperto. In cima al colle si più godere una panoramica della città che spazia dalla Sella del Diavolo, sul litorale del Poetto, sino allo stagno di Santa Gilla, verso la pianura del Campidano. Inoltre il Castello, che domina imperioso sul suo colle, è visibile da qualsiasi punto della città.