LEGGI L’ARTICOLO COMPLETO SUL MALOCCHIO IN SARDEGNA Malocchio, prevenzione, cura e formule
Gioielli si, ma veri e propri amuleti portafortuna in grado di combattere il destino avverso ritenuti in grado di preservare dalla sventura o, viceversa, di attirare la buona sorte.
Non è vero, ma ci credo, diceva Benedetto Croce.
Ebbene sì, anche le menti più razionali subiscono il fascino di antiche superstizioni secondo le quali la vita dell’uomo sarebbe influenzata negativamente da sortilegi malefici.
Ed ecco allora che la maggior parte delle persone cerca di combattere il destino avverso e la sfortuna ricorrendo all’uso di oggetti magico-simbolici, ritenuti in grado di preservare dalla sventura o, viceversa, di attirare la buona sorte, come pure rifugiandosi in gesti scaramantici, come le diffusissime corna, o proclamando veri e propri scongiuri. La tradizione popolare sarda non fa eccezione e propone una ricca gamma di gioielli, molti dei quali erano appuntati agli abiti delle donne sin dalla loro tenera età, utilizzati come amuleti o talismani che, sottoposti al rito de “is brebos”, fungevano da “mejina” per chi era “ogu pigau”.
Erano, infatti, soprattutto gli oggetti preziosi ad essere considerati portatori di virtù miracolose in grado di allontanare “s’ogu malu” e di fungere da panacea contro le malattie: si riteneva, per esempio, che gli anelli preservassero dai crampi e gli orecchini dal mal d’occhi. Poiché secondo la cultura popolare a “ponniri s’ogu” era la persona invidiosa che, volontariamente o involontariamente, trasmetteva influssi negativi attraverso lo sguardo, a fungere da antidoto contro la iettatura erano soprattutto oggetti che con la loro forma circolare ricordavano il bulbo oculare. È questo il caso di “s’ogu de Santa Luxia”, un mollusco cui si attribuiva il potere, oltre che di preservare dalla iettatura, di “medicina preventiva” per gli occhi e di “sa Sabegia” un’ossidiana incastonata nell’argento, che simboleggiava l’occhio privo di cattiveria da contrapporre a quello geloso. “Su ziddu e su giuàli”, invece, era un ciondolo, confezionato con foglie o legno di palma, tipico dell’Oristanese, che tenuto al collo era in grado di sconfiggere ogni tipo di male. Ma non sono solo i gioielli ad avere la capacità di neutralizzare l’occhiata invidiosa.
Nell’Oristanese, infatti, i pescatori, come buon auspicio per una pesca abbondante, erano soliti portare legato all’alluce un nastrino verde, mentre nel Cagliaritano il nastrino è ancora oggi legato al polso dei neonati per preservarli dalla cattiva sorte. Ma agli amuleti si ricorre anche come buon auspicio per la prosperità, come nel caso della conchiglia incastonata nell’argento, “Sorighe ‘e Mare”, che nelle sue forme richiama l’organo genitale femminile, o dei bottoni, che, di là dalla loro funzione pratica, assumevano anche un significato apotropaico. Ed oggi?
Basta guardarsi un po’ intorno per capire che oroscopi, fobie e fissazioni accompagnano e condizionano la vita della maggior parte di noi e che sono molteplici gli oggetti ritenuti ricchi di influssi benefici, perché magari legati a qualche fatto od avvenimento particolare, dai classici cornetti fino ad arrivare agli oggetti più stravaganti.