Press "Enter" to skip to content

Il sarcofago di Donna Violante Carroz

Esiste a Decimomannu un reperto monumentale conosciuto da tempo ma mai valutato e conservato come meriterebbe. Intendiamo il sarcofago di Donna Violante Carroz. Da anni è sballottato da una residenza all’altra, passa di eredità in eredità (Cao-Pinna, D’Accunto, Bellisai), è stato esposto anche in mostre di una certa importanza (Antiquarium Arborense, Castello di San Michele), alla fine lo vediamo sotto gli agenti atmosferici, tenuto in un cortile al centro del nostro paese.

In altri tempi pare sia stato usato come vaschetta per i fiori e abbeveratoio per animali (Informatore del Lunedì pag.2 del 22.07.1953). Non è un reperto che fa parte della storia di Decimo, poiché ci è stato portato dalla famiglia Cao-Pinna che quì aveva degli interessi e possedimenti che amministrava.
E’ da poco tempo che i sarcofago è stato sistemato nel cimitero di Decimomannu, nella cappella dove si officiano i funerali e le funzioni religiose.

La storia del sarcofago è romanzesca, come pure lo è la storia di coloro che vi furono sepolte, Donna Eleonora Manriquez De Lara e Violante Carroz contessa di Quirra, (Chirra1455/56-Barcellona [?]1510).

I Carroz (Carroç) erano una famiglia di origine germanica, si erano ben inseriti in Catalogna, ai tempi di Giacomo I il Conquistatore. Il sovrano , nel 1240, donò loro dei possedimenti nel regno di Valenza. In Sardegna nel 1323, Francesco Carroz, nominato ammiraglio da Giacomo II il Giusto, partecipò con 20 galere (galee) alla conquista dell’Isola e si distinse assieme ai figli; Francesco, Berengario, Giacomo e Nicolò. L’ impegno e l’abnegazione dei Carroz fece si che Francesco ottenesse numerosi feudi, donazioni e importanti cariche politiche e militari, anche per i suoi familiari. A differenza di altri feudatari, i Carroz risiedettero sempre in Sardegna, divennero così potenti da contare più del re.  Francesco e il figlio Berengario furono governatori generali del Regno di Sardegna, mentre Giacomo fu Vicario di Cagliari.

Nel XV secolo molti Carroz occupavano cariche importanti; Berengario II, conte di Quirra, governatore del Capo di Cagliari e capitano dell’esercito stanziato nell’Isola. Giacomo, anch’egli, conte di Quirra e Nicolò conte di Arborea, entrambi furono in diversi tempi anche viceré di Sardegna, nella seconda metà del secolo. E’ di questo periodo la nascita di Violante e bisogna ripercorrere l’infanzia e la vita di questa per comprendere come si sia formata la sua personalità.

Il capostipite dei Carroz in Sardegna fu Francesco, ammiraglio, amico del Re e dell’Infante Alfonso, che come detto partecipò alla conquista dell’Isola. Uno dei figli, Berengario, sposò Teresa Gombaldo  (sorella di Teresa Estensa moglie di Alfonso) e in seconde nozze con Geraldina de Ribelles dalla quale nacque Berengario II, futuro conte di Quirra (1363). La figlia Violante sposò Berengario Bertrand, da questi nacque un figlio chiamato ancora Berengario III che però mantenne il cognome Carroz. Questo morì giovane, dopo due matrimoni lasciando vedova Eleonora Manrique*, seconda consorte, contessa bellissima,  cugina della Regina e ancora bambino il figlio Giacomo. Per poterla sposare Berengario III dovette accusare a torto, la moglie Beatrice ( o Benedetta) di tradimento per questo la fece uccidere. In nome di Giacomo, ancora piccolo,  Eleonora, che aveva portato in dote; parte Montis, parte Usellus e parte Bonorzuli, avute in dono dal re (vedi elenco in corsivo), gestì il patrimonio della famiglia e fu capitano di guerra e di giustizia della città di Iglesias.

Baronia ac Casto de Pula cum villis’terminis, saltibus et  pertinentiis earum, et cuiusque ipsarum nec non de encontratis de Parti Montis, Parti Bonorsili et parte Osellos cum civitatibus, villis, terminis et pertinentibus earum et cuiusque ipsarum, villis, vide licet depopulatis, ac casta de Orcolent , et Castro de Barumela, Gonno-tramatza, Gonno-codina, Simula, Mogoro, Furro, Cercela, Gemursi, Pompo, Morgongjori, Huras, Masudda, Arbus, Civitate de Terralba depopulata, ac civitate de Ales semidepopulada, Ollastra, Siris, Usellos ,Scovedo, Bannari, Pau, Curcuris, Figu, et Gonnono cumpluribus aliis villis depopulatis, terminis saltibus, et pertinentis earum et cuius isparum etiamque en contrada de Marmilla cum villis illius populatis, vide licet Pauli, Ussaramanna, Turri, Genuri, Setzo, ini, Baressa,Acceni, Silli, Usarella, Sitzamus Vila Mardona, Villanovaforru, Barradili, aliisque villi depopulati, terminis, saltibus et pertinentiis earum, et eius ipsarum exceptis tamen Castro de Les Places, ac villa di Barumini, villa de Places, ac Villanovafranca, quae possidentur impresentiarum per Johannotum de Bisulduno, atque etiam de BaroniaMontis Regalis, vide licet Castro Montis Regalis, villis de Sardara (Sardana), Sant Gavi, Pavillonis Bonorsoli, Guspini, Serri Gonnomontanja fanaria, aliaque villis”   

Da Giacomo e Violante Centelles  nacque nel 1455/56 (?), Violante Carroz, ultima discendente della famiglia. Violante passò la propria infanzia nel castello di san Michele. Avevano anche una residenza in Castello, questo per mano della nonna Eleonora, poiché  non serviva più come roccaforte difensiva, fu ristrutturato e usato sempre più come residenza. Dai materiali rinvenuti durante gli scavi si può presumere che, anche per gli elementi stilistici, la nonna Eleonora Manriquez abbia fatto in maniera da rendere fruibile per scopi residenziali, le strutture austere e militaresche dell’impianto.

La dottoressa Donatella Salvi così descrive gli ambienti del castello:” Al piano terra, sul grande cortile aperto, si aprivano i vani più bassi delle torri ed erano ricavati i locali di servizio: sulla destra del cortile la cucina con comodi fornelli in muratura e, a sinistra, la stalla con la mangiatoia. Fungeva forse da sala per i ricevimenti e per le riunioni l’ambiente che aveva incorporato la chiesetta medievale, mentre al centro del cortile si apriva la grande cisterna; piani sfalsati, raccordati da gradini, portavano al piano superiore, zona forse destinata alla famiglia ed al riposo.” Grazie alle ricerche e allo studio dei documenti, abbiamo le descrizioni dello sfarzo, degli arredi e del clima colto, fra libri, strumenti musicali lussuosamente rifiniti che caratterizzavano la vita del castello.
I titoli della famiglia Carroç erano: Conte di Quirra, Signore di Bonorcili, Barone di Uras, Signore di San Michele di Pula, mentre l’arma è un leone rampante d’oro in campo rosso su uno scudo losangato.
Maria Mercé Costa  in un suo libro edito da Rafael Dalmau in Barcellona, dal titolo, Violant Carroç una contessa dissortada, descrive gli arredi e il lusso della famiglia.

“I conti di Quirra avevano due residenze; una a Cagliari castello, l’altra nel castello di San Michele. La casa del Conte era considerata da molti per categoria sociale, la seconda in Sardegna, dopo quella del marchese di Oristano e prima di quella del viceré Nicolau Carroç . Il lusso era notevole e non mancava nessuna comodità dell’epoca. Non vi erano meno di venti letti, più di sessanta materassi, coperte di cotonina gialla e rossa, più di quaranta paia di lenzuola di tela fine d’Olanda. Non vi erano molti gioielli, ad eccezione di un collare in oro e argento del valore di 350 ducati. I vestiti di Don Giacomo erano tutti in seta, velluto e pelli di valore, venivano conservati in casse napoletane ricoperte in pelle con incise le armi araldiche. Una stanza del castello era dedicata alle armi, vi erano due spade particolarmente belle, dall’impugnatura dorata e smaltata, due corazze ricoperte di pelle nera e di velluto bianco e due balestre che il Conte usava per il suo passatempo. C’era anche un libro per le preghiere, in pergamena, istoriato e con la copertina in oro con inciso lo scudo di Don Giacomo. Questi era un amante della musica, possedeva due flauti, una viola ed un organo a tre mantici. I suoi cavalli erano “Tomàs” e “Benedito” mentre la sua vitellina preferita era la “Puça”.
Possedeva un migliaio tra vacche e vitelli, 30 gioghi di buoi, circa 3000 maiali altrettante tra pecore e agnelli, 60-70 cavalli siciliani e 90 di razza irlandese, naturalmente i granai abbondavano di grano, orzo ed altri cereali. Al castello vivevano un centinaio di persone, oltre ai suoi compagni d’ arme, molti di elevata posizione sociale. Il conte possedeva anche due galere, costruite due anni prima della sua dipartita, una la “Leona” l’altra la “Marieta” varate a Cagliari.
Il valore che ereditò Violante alla morte del padre era di 372000 Lire, i feudi rendevano annualmente 10725 Lire.

Carroz stemmaLa vita di Violante dovette cambiare improvvisamente. Alla fine del 1468, poco prima di Natale, ci fu un grave incidente nella “Santa Barbara” , deposito delle polveri, del castello. Giacomo Carroz entrò nel magazzino delle munizioni, per prelevare armi e polvere da sparo. Si verificò una esplosione che portò ad un conseguente incendio. Una vasta area della struttura fu danneggiata,  ci furono molte vittime, lo stesso Giacomo fu gravemente ferito e il 2 Gennaio 1469 morì. Si dice che volesse preparare dei giochi pirici per le feste natalizie. Il giorno di Natale, alla presenza di molte persone della casa dettò il suo testamento, nominando erede universale sua figlia Violante, concedendo la libertà al suo cuoco Luis ed alla sua schiava Anna. Alla giovane Violante, orfana, dovettero rimanere impressi sia i danni del castello, luogo della sua fanciullezza e dei suoi giochi, che il funerale, come d’uso in quei tempi notturno, che accompagnò Giacomo verso la chiesa di san Francesco di Stampace, percorrendo le pendici del colle.

Violante rimase orfana, aveva 13 anni,  ereditò il contado, fu messa sotto tutela dello zio Niccolò, viceré, che successe al padre Giacomo a sua volta viceré dal 1452 al 1454. Questi, Carroz d’Arborea che aveva la residenza in Castello, organizzò in tutta fretta un contratto di nozze tra Violante e suo figlio Dalmau. Per la giovane Violante ormai non c’era più pace, in breve tempo morirono il marito, 1478 e lo zio. Si aprì una contesa per il patrimonio, particolarmente cospicuo, tra la vedova di Nicolò, Brianda de Murr e Violante. La lite giudiziaria proseguì sino agli inizi del ‘500 , portata avanti dalla figlia di Brianda, Beatrice con il marito, Pietro Massa. Intanto dopo un anno di vedovanza, violante sposò Felipe de Castro-So e chiese conto della gestione dei propri beni.
Gli interessi economici per il patrimonio dei Carroz erano notevoli. Questo comprendeva, gran parte del Campidano di Cagliari e dell’Ogliastra, ai quali si doveva aggiungere la proprietà della Sardegna centrale  portate in dote da Eleonora Manrique. Nicolò Carroz di Arborea quando organizzò in gran fretta, il matrimonio tra il figlio Dalmau e Violante era intenzionato ad unire tutti questi territori a quelli altrettanto  cospicui degli Arborea. Intanto a questi si erano aggiunti, Monreale, una parte della Marmilla fra cui Ales, conquistati dallo stesso Dalmau con operazioni militari.

Violante fu costretta ad assentarsi dalla Sardegna dal 1481 sino al 1495-96, si era recata in Spagna per difendere i suoi diritti presso il Sovrano. Intanto il suo secondo marito, Filippo De Castro-So era morto lasciandole due figli piccoli, Filippo e Giacomo. Questo costituì ancora spunto per una lite patrimoniale che si concluse, anche questa, a favore di Violante. Nel 1503 morirono i suoi due figli, in questo periodo si ufficializzarono le liti per le sepolture tra i Carroz di Quirra e i Carroz D’Arborea che avevano le tombe nella chiesa di San Francesco di Stampace a Cagliari. La lite ebbe inizio dopo la morte di Niccolò Carroz D’Arborea, quando le famiglie si incontrarono per i suffragi dei loro defunti. Violante trovò le tombe dei propri cari ornate con le insegne dei Carroz D’Arborea.

Storicamente era riservata ai Carroz di Quirra l’area dell’altare maggiore (Capilla Major) della chiesa, questa fu arbitrariamente occupata da un Carroz d’Arborea per i funerali di Nicolò, loro per i propri funerali disponevano della cappella di Sant’Onofrio. La stessa Violante descrive la zona della chiesa a loro riservata, come formata da due sepolture con lo stemma dei Carroz, una molto antica a sinistra e una a destra dove era sepolta “la avia… appellada dona Eleonora Manrique”.
.
Nel 1504 la contessa decise di recarsi di nuovo in Spagna, forse per difendere ancora una volta i propri interessi. Dopo tante esperienze, temendo per i pericoli del viaggio, prima di partire decise di fare testamento nel quale designava erede Guglielmo Raimondo Centelles figlio di Toda, sua sorella bastarda e di Luigi Centelles. Nel testamento indicò il luogo della sua sepoltura, la zona accanto all’abside in cui riposava il figlio Filippo. Qualche anno dopo, forse la stessa contessa, diede nuove disposizioni per la sepoltura che doveva essere all’esterno della chiesa. (* vedi  parte finale)

Si narra che nel 1508, Donna Violante sarebbe stata la mandante, per mezzo di Nicola Erigi di Zeppara dell’omicidio di Giovanni Castanja, parroco di Bonorcili (Bonarsili) trovato impiccato ad una grata del castello, delitto per il quale la Contessa fu scomunicata dal vescovo di Ales Mons. Marongiu . Questo gesto suscitò anche l’esecrazione dei suoi vassalli e del clero locale, venne poi arrestata e rinchiusa nel suo palazzo di Cagliari.
Riuscì ad andare in Spagna ed ottenere dopo suppliche e peripezie, dal Re, la remissione della pena. I motivi della remissione della pena non sono chiari. I dubbi ci sono, se si pensa che proprio il re Ferdinando ordinò a D. Angelo di Villanova di curare con giudizio e prudenza l’arresto di un ufficiale della contessa di Quirra, per ordine della quale aveva ucciso un “Clerigo”.

Violante fu l’ultima erede dei Carròz. Conosciuta come “la sanguinaria”. Si invaghì di Berengario Bertrand, sciolse il suo vincolo matrimoniale per unirsi segretamente al suo amante. Questo gesto fu apertamente condannato dal cappellano di corte, Il religioso (Don Giovanni Castanja), per aver osato manifestare il suo giudizio, fu sommariamente processato e condannato all’impiccagione. Il suo corpo senza vita penzolò per lungo tempo da una finestra del castello. Fu un macabro avvertimento per tutti coloro che avessero osato sfidare nuovamente il potere del potente casato.
Per riscattarsi, Violante finanziò i lavori della cattedrale di Ales con 5000 scudi, vendendo la Baronia di Orosei, la somma venne elargita a Monsignor Sanna, primo vescovo della diocesi Ales-Terralba, che consacrò la Cattedrale il 13 novembre 1507, fece anche un lascito per celebrarle tutti i giorni, dopo la sua morte, messe di suffragio e un legato ai frati di san Francesco di Stampace, ordinando che ogni anno si corrispondesse ai medesimi; 50 ettolitri di grano e una somma in danaro, della quale hanno goduto in maniera continuativa sino al 29 maggio 1855, anno dell’entrata in vigore delle leggi su gli ordini religiosi, emanate dal governo del Regno d’Italia.

Questa non fu la sola versione dei fatti, per altri Don Castanja si suicidò in un momento di crisi di coscienza. Il parroco, forse innamorato di Violante e da lei respinto si impiccò. Secondo lo Spano nella “Guida della città e dintorni di Cagliari” (A. Timon 1861 pg.170-Cagliari) ed altri storici, la Contessa visse gli ultimi anni della sua vita e morì in una umile stanzetta a destra dell’ingresso del chiostro di San Francesco di Stampace in Cagliari. I frati in rispetto della volontà della loro benefattrice la seppellirono in un sarcofago di pietra, all’ingresso della chiesa (parte sinistra esterna).” Arca di pietra col suo stemma scolpito …”, così lo Spano definisce il sarcofago di Donna Violante.

Durante i restauri, nel 1984, della chiesa di santa Chiara di Stampace, distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, vennero ritrovate smontando la gradinata di accesso, due pietre tombali. Una di queste, in pietra calcarea allo stato frammentario delle dimensioni di mm. 1150x700x200, presentava una lavorazione a cerchi affiancati, incorniciati da una spessa linea perimetrale in rilievo. Ciascuno dei cerchi all’interno era diviso in quattro lobi, al centro avevano scolpiti ; il primo uno scudo da campo tripartito a vaio minuto su sei registri appeso, nel secondo una croce gigliata. Sulla cornice è leggibile una parte di una iscrizione a caratteri gotici. Si può dedurre che il sarcofago coperto con questa lastra appartenesse ad un membro della famiglia Carroz, con molta probabilità a donna Eleonora Manrique, morta nel 1437, ava materna di Violante, che dopo la sua morte 1510 fu sepolta nel sarcofago di Donna Eleonora.
L’attribuzione della pietra tombale a donna Eleonora Manrique è dovuta a considerazioni come: lavorazione, tipica del ‘400 e l’iscrizione. I caratteri di questa sono analoghi a quelli dell’iscrizione di Guido Dedoni, morto nel 1932 e sepolto all’interno della chiesa di san Francesco in Stampace. Lo Spano ricorda di aver visto il sepolcro nella chiesa prima del crollo (1875), era ricoperto da una lastra calcarea con decorazioni in rilievo del tutto simili se non uguali, alla lastra che poi fu ritrovata ed attribuita a Donna Eleonora Manriquez, lo stemma dei Carroz di Quirra. Questa lastra tombale era meno raffinata di quella dell’ava, che poi fu utilizzata per una gradinata di accesso alla chiesa di santa Chiara di Stampace.
Il convento di Stampace il 26 marzo 1861, fu chiuso per ordine del Demanio dello stato. L’anno seguente fu adibito a caserma dei carabinieri.

La chiusura del convento creò problemi alla chiesa ed ai pochi frati che officiavano, i quali vivevano poveramente e senza sicurezza per il futuro. La mancanza di mezzi non consentì una buona tenuta della chiesa e non solo, il 1° novembre 1871 alle 22 e 15 un fulmine si abbatté sul campanile gotico, l’11 gennaio 1875 (all’incirca alla stessa ora) un temporale sconquassò la chiesa…
Lo stato finì per vendere i muri rimasti, materiali vari, l’area e le zone circostanti a privati. Tra coloro che acquistarono i beni, vi fu la famiglia Cao-Pinna che trovato il sarcofago lo fece trasportare in una casa dei loro possedimenti a Decimomannu.
Alla fine di questa ricerca, dopo aver inquadrato la personalità della “comtessa dissortada” e conosciuto una parte della sua storia, non siamo sicuri che il sarcofago detto di Donna violante di Carroz, “Comtessa” di Quirra, sia stato il suo sepolcro.

(*) Nel 1504, prima di uno dei suoi viaggi  in Spagna e non sentendosi molto sicura, Violante fece testamento e non lo modificò in seguito, come risulta dagli atti del notaio Nicolò Boy. Le sue volontà riguardavano anche la sepoltura. Per questa scelse la chiesa di san Francesco in Stampace, sul lato del Vangelo dove era sepolto il figlio Filippo e dove pretendeva fosse sepolto il corpo del padre, a conclusione della disputa con i Carroz d’Arborea. Al momento della stesura del testamento Violante era ancora sotto giudizio per cui una parte del testamento non sarebbe stata valida. Nel 1509 il re concesse, con molta riluttanza la “remissio”, la contessa morì nel 1510, probabilmente a Barcellona verso il 17 dicembre. L’undici gennaio 1511 venne aperto il testamento, a Cagliari, dopo la notizia della sua morte. La salma fu poi trasferita ed inumata a Cagliari “in un sarcofago di pietra scolpita, posto fuori dalla chiesa di san Francesco di Stampace” (G.Piras “Il testamento di Violante Carroz, contessa di Quirra”). Il monumento funebre era sicuramente di un Carroz precedente a Violante, probabilmente della nonna Manrique. Le armi scolpite nel sarcofago sono quelle originali dei Manrique che poi furono modificate e sdoppiate con quelle dei Carroz di Quirra e dei Carroz d’Arborea, come la stessa Violante specificò nell’atto notarile testamentario: “pacte e condicio que se haya a nomenar Carros e que fasa les mies armes, ço es les armes de Carroç ab los leons parti des fer quarter, axi com lo senor meu pare faya”.

La storia del monumento e il suo studio, comunque, ci ha concesso di conoscere la vicenda di due donne protagoniste del medioevo sardo.

Angelo Sanna