“Non andate di notte in quel villaggio, rischiereste di imbattervi nello spettro furioso del Cavalier Toro…”
E’ bastata questa frase per convincerci ad andare per sentieri dissestati, sino a giungere, in una notte senza luna, alle rovine del Villaggio Asproni.
Il villaggio prende il nome dall’ingegner Giorgio Asproni, che guidò il complesso minerario a cavallo tra ‘800 e ‘900, dando lavoro ad oltre 200 tra minatori e cernitrici, migliorando la resa della miniera anno dopo anno, non limitando gli interventi solo all’ambito minerario ma cercando di sfruttare al meglio anche le vaste terre da lui possedute.
Così nacquero case coloniche, affidate ai dipendenti che si occuparono della coltivazione della terra e della produzione di legname boschivo.
Stranamente la conduzione esemplare da parte dell’Asproni, fu causa di scontri accesi con i funzionari del Corpo Miniere che contestarono gravi inadempienze, sopratutto in ambito sicurezza. La miniera infatti deteneva il primato per il maggior numero di infortuni in galleria, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “miniera dei mutilati“.
In occasione della crisi degli anni ’30, l’ormai novantenne Asproni, si rivolse all’allora capo del governo Benito Mussolini, per rivendicare dei finanziamenti che non erano spettati alla sua miniera a causa dei pareri negativi espressi dai funzionari statali.
La loro relazione affossava la miniera, descrivendola come dotata di macchinari ormai obsoleti, mancante delle basilari condizioni di sicurezza, riscontrando anche che che poco o nulla era stato fatto per migliorare la mobilità all’interno delle gallerie, pochissime delle quali erano dotate di binari.
L’ultimo punto della relazione fu il colpo definitivo per l’ingegnere. Il funzionario, esprimendo rispetto per il concessionario, ricordò che quest’ultimo era ormai in una età troppo avanzata per condurre una miniera in modo moderno e quindi ne consigliava l’allontanamento.
Giorgio Asproni morì due anni dopo, nel 1936, nella villa al centro del suo villaggio.
Il villaggio si raggiunge passando da Gonnesa. Passando per il centro del paese si svolta a sinistra in una strada in salita che esce subito dal centro abitato.
(Vedi la cartina su wikimapia)
Si prosegue per circa 2 km sino a giungere su una strada sterrata che porta alle strutture minerarie di Sedda Moddizis. Proseguendo sulla strada che diventa dissestata, si giunge al Villaggio.
Come spesso ci capita, la nostra avventura si è svolta di notte e non è stato per niente facile arrivare alla destinazione perchè, semplicemente, abbiamo sbagliato strada.
Non ci siamo fidati a proseguire sul mezzo fuoristrada a causa delle pessime condizioni del sentiero imboccato, per cui abbiamo optato per proseguire a piedi, camminando per circa un’ora ed arrivando dal lato opposto rispetto alla sterrata corretta.
Se volete avventurarvi di notte vi segnaliamo la presenza di numerosi ovili a ridosso del villaggio per cui è meglio avvisare prima i proprietari per evitare che questi si ritrovino delle persone a vagare vicino ai loro animali.
Veniamo ora a ciò che abbiamo visto.
Le strutture sono in pessimo stato di conservazione ma con un minimo di attenzione si possono visitare. Vi consigliamo di non salire ai piani alti perché la pavimentazione è crollata in diversi punti. Abbiamo visitato tutti gli edifici del villaggio a partire dalla direzione, notando la presenza di un camino per il riscaldamento in quasi tutte le stanze.
Dall’altro lato della strada che attraversa tutto il complesso abitativo, sorge la villa del direttore, con un ampio cortile e una vasta cantina adoperata ,a suo tempo, come spaccio. Proseguendo sulla strada incontriamo il lavatoio e la chiesetta, che al suo interno aveva una nicchia dedicata a Santa Barbara. Oggi rimangono alcune gabbie per conigli.Dalla parte opposta alla chiesa si trovano gli alloggi del personale della miniera, anche qeusti dodati di camino. Sono presenti rottami di vecchi elettrodomestici, probabilmente riconducibili ad un uso privato protrattosi sino agli anni ’60.
Ma ciò che volevamo vedere era lo spettro del Cavalier Toro.
Si racconta si faccia vedere sia nel villaggio, manifestandosi in un vortice di vento, che nei dintorni della laveria, dove appare a cavallo e, come nei migliori racconti horror, senza testa.
Altri narrano che anche la sua antica magione, nel paese di Gonnesa, sia teatro di terribili manifestazioni spiritiche.
Ma chi era costui?
Il Cavalier Luigi Toro, eletto sindaco di Gonnesa con le elezioni del 23 Luglio 1899, era un importante esponente della borghesia agraria del luogo.
Cercò di basare la sua amministrazione sull’innovazione dell’assetto territoriale, puntando anche al miglioramento dell’impianto urbanistico del paese.
A tal fine, nei primi anni del 1900, venne installato un impianto di illuminazione a gas acetilene nelle principali vie del centro abitato, così come venne realizzata la pavimentazione stradale e la ristrutturazione dell’acquedotto comunale, le cui fonti di approvvigionamento in parte risultavano prosciugate o inquinate dagli scarichi minerari.
Il motivo per cui il Cavalier Toro viene ricordato tuttora, e penso sia anche il motivo per il quale la sua figura si sia legata ai racconti popolari, sta nelle rivolte socialiste dei primi anni del 1900.
Tra il 1902 e il 1903 vennero a crearsi i primi gruppi a carattere resistenziale socialista, formate da numerosi operai delle miniere di Seddas Moddizis, San Giovanni e Montescorra, i quali si lamentavano per gli alti dazi, i bassi salari e le pessime condizioni lavorative, che spesso sconfinavano nello sfruttamento vero e proprio.
Le società minerarie contribuirono di molto ad aumentare il tasso di povertà istituendo i “ghignoni“: buoni assegnati in sostituzione di parte del salario, utilizzabili presso delle cantine che fornivano merci a prezzo elevatissimo.
Nel 1906 si giunse al punto di rottura che sfocciò in una rivolta degli operai. Il giorno 20 maggio i minatori manifestarono sotto la casa del Sindaco Toro, quindi saccheggiarono, spinti dalla rabbia per le pessime condizioni di vita a cui erano costretti, i negozi di generi alimentari di Bernardo Crotta e Giovanni Muscas.
Il Sindaco, vista la tensione crescente, chiese l’intervento della forza pubblica, ma proprio questa richiesta per placcare gli animi, invece portò alla tragedia.
La forza pubblica sparò sulla folla causando la morte di tre persone; il minatore Giovanni Pili, il falegname Angelo Puddu e la donna Federica Pilloni.
Vi furono anche 17 feriti e 270 arresti.
La protesta a questo punto si allargò a tutto il bacino minerario e ad altri comuni limitrofi.
Purtroppo (o per fortuna) il Cavalier Toro non ha ritenuto opportuno manifestare la sua presenza ma la scampagnata notturna è stata fantastica.
Una notte stellata magnifica in un luogo fuori dal tempo.