Di racconti di anime che vagano per le case ne è pieno il mondo.
Si dice che stiano scontando qui la loro pena; oppure che, essendo morte in circostante traumatiche ed improvvise, siano rimaste sospese tra i due mondi; o ancora, che in un certo qual modo rimangano legate ai luoghi nei quali hanno vissuto.
A volte si percepisce la loro presenza, altre volte si vedono, altre ancora esse cercano di comunicare.
I protagonisti di questi racconti sono molto spesso bambini: bambini che indicano il vuoto, che ridono divertiti, oppure piangono, guardando fisso un angolo della casa.
Molte mamme raccontano di aver provato dei brividi sulla pelle in quegli istanti.
Parliamo di lattanti, o poco più. Ma cosa accade, invece, quando i figli hanno già acquisito la facoltà di parola?
I fatti risalgono attorno alla fine degli anni ’70, primi anni ’80 riguardano una famiglia come tante del paese.
Ebbene, capitava che, durante il giorno, una bambina di cinque anni, di nome Chiara, chiedesse a Giada, sua madre: – Mamma, chi è quel signore laggiù in fondo? –
– Quale signore? – era la puntuale replica.
– Quello laggiù, non vedi? – aggiungeva la bambina.
Al che, preoccupata, la madre si faceva descrivere la “persona” in questione.
– Ha la barba – rispondeva la piccola – È basso. È vestito da pastore –
La madre memorizzò queste caratteristiche.
Di per sé, l’immagine non le riportava nessuno alla mente. La descrizione era troppo generica e comune.
Passò del tempo, diversi mesi.
Come di consueto, come avviene ancora, il giorno dei morti le famiglie in paese si recavano presso il cimitero, per deporre i fiori davanti ai loculi o sulle tombe dei cari defunti.
Giada portò la sua bambina a far visita ai nonni defunti.
Madre e figlia deposero i fiori, recitarono insieme alcune preghiere e fecero per andarsene.
Mentre si allontanavano, Chiara si fermò all’improvviso ed esclamò: – Mamma, mamma, eccolo! –
– Ecco chi? Ecco cosa? – chiese la mamma.
Chiara disse, indicando la foto su una tomba: – Quel signore che viene a casa! – La mamma memorizzò i dati anagrafici, allungò il
passo e portò sua figlia a casa, senza risponderle.
Quel nome non le suggeriva nulla, e poi era morto nei primi anni del ’900.
Parlò col marito di tutta la storia.
In un primo tempo, l’uomo non diede molta importanza al racconto, dopotutto Chiara era solo una bambina.
Ma, una volta che Giada gli disse il nome del defunto, sbiancò.
Quel nome, infatti, non era casuale.
La casa nella quale Giada viveva con il marito era sta acquistata dai suoceri tempo prima, proprio dagli eredi di quel signore, morto suicida in casa.
Spesso si dice che queste anime necessitino di preghiere, per cui un grande aiuto potrebbe essere quello di dedicare una messa al defunto.
E così fu fatto.
Dal giorno della messa, la piccola Chiara non vide più quello spirito tra le mura domestiche.
Altri raccontano di aver visto anime nell’orto, nei cortili, di averle avvistate passeggiare nei corridoi delle case.
Dopo un’iniziale paura, c’è anche chi si è abituato alla loro presenza.
Pasquale Demurtas