Partenza all’alba direzione cab’è susu, il nord dell’isola.
Il sonno che ancora ci accompagna richiede diverse soste lungo la S.S 131 per fornire al nostro corpo la caffeina che richiede, nonchè qualche pasta per alimentarlo.
Abbiamo due mete ben precise da raggiungere, ma in questo reportage scriveremo solo di una.
La giornata è splendida e le ore di macchina vengono presto dimenticate dalla vista che godiamo dal punto panoramico davanti alla nostra prima tappa, quella più importante.
L’ingresso è impedito da un cancello arrugginito ma riusciamo, seppur con qualche difficoltà, ad averne ragione.
Siamo dentro la vecchia e gloriosa fortezza di Baragge.
L’imponente struttura difensiva risulta invisibile dall’esterno, perfettamente integrata nella collina che le da il nome.
Di che si tratta? Chiederete voi.
E’ un forte militare costruito nel lontano 1893 per volere del Regno sardo-piemontese, facente parte della rete di fortificazioni a difesa della costa prospiciente l’Arcipelago di La Maddalena, punto strategico per la difesa del Tirreno dai potenziali attacchi della flotta navale francese.
Baragge in particolare era posta a protezione dell’imponente cittadella difensiva di Capo d’Orso, ipotizzando un improbabile scenario in cui truppe straniere avanzavano dall’interno verso il mare.
Testimonianze scritte dell’epoca descrivono una struttura capace di ospitare 180 soldati, con circa 30 pezzi d’artiglieria pesante, casermette, depositi di munizioni, magazzini e prigioni.
In particolare l’armamento comprendeva 8 cannoni da 120mm per tiri di sfondamento, 12 cannoni da 75mm, 4 cannoni da 15mm e 4 mitragliere da 10mm.
Tra riservette e magazzini contiamo 68 ambienti per un’area totale di 1206 mq.
Tra altri locali, cucine e corpo di guardia arriviamo a 14 ambienti per 225 mq.
Credeteci, vedere il forte anche in stato di totale abbandono rende l’idea di quanto potesse essere arduo tentare di espugnarlo via terra ma l’introduzione dopo pochi decenni di aerei da guerra sempre più letali, rese obsoleta questa tipologia di struttura facilmente individuabile dai ricognitori e facile preda dei bombardieri.
Infatti, tra la Prima e la Seconda Guerra mondiale, gli strateghi militari reputarono meno plausibile un attacco dall’interno dell’isola per cui Baragge venne progressivamente dismessa a favore di un maggiore rafforzamento della base di La Maddalena.
Si crearono quindi una serie di batterie costiere disseminate lungo la costa e mimetizzate nel contesto territoriale.
Baragge ebbe comunque un ruolo marginale di contraerea nella Seconda Guerra Mondiale.
Da Luglio 2017 la Regione ha passato la fortezza al comune di Palau, al prezzo simbolico di 1 euro. Si narra che la fortezza verrà restaurata e riqualificata in una cittadella artigianale, un museo e un giardino botanico della vegetazione endemica delle Bocche di Bonifacio. Voi ci credete?
Noi lo auspichiamo.
Ma veniamo alla nostra esplorazione.
Dalla strada asfaltata una diramazione sterrata conduce all’enorme cancello di ingresso.
Arrampicandosi sul terrapieno che circonda la fortezza possiamo vedere il fossato che la circonda.
L’ingresso non agevole ci porta davanti ad alcune strutture diroccate dove troviamo il vecchio corpo di guardia, quelle che dovevano essere delle cucine e stanze adibite probabilmente al ricovero di armi.
Una strada interna percorre ad anello tutta la struttura al centro della quale si trova un terrapieno con alcune torrette.
Lungo tutto il bordo esterno si aprono svariati ambienti i cui ingressi sono occlusi da rovi e vegetazione varia.
All’interno null’altro che polvere e decadenza.
Da alcune delle stanze perimetrali, in prossimità degli spigoli della struttura, troviamo dei tunnel che con una certa inclinazione si dirigono verso la base del fossato.
Presumibilmente qui si trovavano postazioni di mitragliatrice atte a bloccare qualsiasi nemico avesse avuto l’ardire di tentare questa via.
Dalle altre stanze si può giungere sulle mura esterne tramite diversi passaggi interni molto suggestivi.
Troviamo ovunque i resti della gabbia di Faraday che avvolgeva tutto il forte e diverse piazzole su cui erano alloggiati i pezzi di artiglieria.
L’esplorazione di tutto il complesso è durata circa due ore e purtroppo non siamo riusciti a trovare una cisterna che secondo noi doveva presumibilmente trovarsi in uno degli angoli interni.
Ah, c’è da dire che altrettante ore le abbiamo passate a cercare un telefono smaterializzatosi dalle tasche dello sfortunato Mr. White, per cui se vi capita di trovarlo sapete a chi appartiene.
La bella giornata è terminata con la visita dell’affascinante struttura di Capo d’Orso, ma questa è un’altra storia.