Press "Enter" to skip to content

Geologia della città di Cagliari

Geologia della città di Cagliari

Il territorio, dominato da depositi quaternari e caratterizzato dalla presenza di numerosi stagni e paludi, è circondato dalle colline di Cagliari – Sant’Elia e dell’area Margine Rosso – Sant’Anastasia.
Queste sono costituite da tre unità note come “Argille di Fangario“, “Arenarie di Pirri” e “Calcare di Cagliari“, appartenenti alla sequenza marina della successione vulcano-sedimentaria oligo-miocenica, e testimoni della sedimentazione che nel corso del Miocene ha permesso lo sviluppo di bacini tra il Golfo di Cagliari e quello dell’Asinara, in cui si sono depositati diverse centinaia di metri di sedimenti.

Sulla successione miocenica poggiano i depositi quaternari dell’area continentale, suddivisi in due principali unità deposizionali: i sedimenti Pleistocenici del Sintema di Portovesme, di origine marina e continentale, messi in posto dopo la fine della penultima fase fredda pleistocenica, e i depositi alluvionali e di cordone litorale dell’Olocene.
Attualmente, questi depositi sono oggetto di ricerche e studi, essendo possibile una loro attribuzione all’Olocene o al Tirreniano. 

Prima dell’ultima glaciazione, nell’interglaciale Riss—Würm il mare lambiva le colline mioceniche, formando un’insenatura marina interna.
La trasgressione tirreniana, avvenuta con due pulsazioni, ha lasciato nel Golfo di Cagliari, dei depositi marini ben sviluppati, formando un’ampia baia probabilmente delimitata da un cordone litorale, i cui resti sono visibili a Is Mesas-Calamosca.
Durante la regressione würmiana, quando il mare ha raggiunto una quota di circa -130 m sotto il livello attuale, l’ampia baia venne sovraescavata ad opera delle acque dei fiumi sfocianti nell’attuale golfo di Cagliari, che la hanno poi colmata di sedimenti alluvionali.

Successione stratigrafica

La successione stratigrafica è costituita da depositi miocenici e da sedimenti quaternari.
La successione dei terreni è la seguente (dal basso verso l’alto):

Successione miocenica

  • Messiniano o Saheliano (5 – 6 milioni)
  • Tortoniano (6 – 11 milioni)
  • Serravalliano (11 – 15 milioni)
  • Langhiano o Elveziano (15 – 16,5 milioni)
  • Burdigaliano (16,5 – 22,5 milioni)
  • Aquitaniano (22,5 – 25 milioni)
  •  
  • “Argille di Fangario” (Langhiano medio? – Serravalliano inf.)
  • Arenarie di Pirri” (Serravalliano)
  • “Calcare di Cagliari” (Tortoniano – Messiniano?)
  • Depositi di spiaggia e dei cordoni litorali antichi (Pleistocene sup.? – Olocene?)

Le argille di Fangario

Le “Argille di Fangario” prendono il nome da una località presente nei dintorni di Cagliari, presso la sponda orientale dello stagno di S. Gilla.
Sono costituite da argille e marne grigie più o meno scure e argille sabbiose giallo-biancastre, con plaghe arenacee irregolari grigie.
Il contatto con le sovrastanti “Arenarie di Pirri” è di tipo discordante.
Si presentano ricche in fossili con un contenuto paleontologico dato da foraminiferi planctonici e bentonici, nannoplancton calcareo, cefalopodi, brachiopodi, echinidi, ostracodi e abbondanti coralli; esse testimoniano una deposizione in un mare piuttosto profondo, evidenziando il massimo approfondimento raggiunto dal bacino sedimentario terziario nella Sardegna meridionale durante il Langhiano medio-Serravalliano inferiore.
La parte alta della formazione è caratterizzata da una graduale diminuzione della batimetria corrispondente a una fase regressiva nel Miocene medio.

Le arenarie di Pirri

La formazione delle “Arenarie di Pirri” è caratterizzata da arenarie ben cementate e sabbie quasi incoerenti grigio-giallastre mediogranulari, costituite da granuli di quarzo (per più del 70%), feldspato e mica, a cemento carbonatico.
La stratificazione, in bancate sottili e regolari, è netta nelle arenarie, mentre non è evidente nelle sabbie. Localmente sono presenti intercalazioni conglomeratiche paleozoiche, a prevalenti ciottoli metamorfici, legate a facies fluvio-deltizie oppure ad occasionali trasporti in massa.
L’unità è ricca in fossili, rappresentati da abbondanti frammenti di molluschi, bioturbazioni, macroforaminiferi, foraminiferi planctonici e nannoplancton calcareo, solo localmente.
Il contatto con le marne langhiane sottostanti è netto, così come il cambiamento di facies, che da pelagica diventa francamente litorale, marcando una fase regressiva della sedimentazione, durante la quale l’attività tettonica ha avuto un ruolo importante.
Una breve lacuna di sedimentazione caratterizza questo cambiamento, come testimoniato dalla mancanza di continuità nell’evoluzione delle forme planctoniche e dalla presenza di clasti di “Argille di Fangario” rimaneggiati nelle “Arenarie di Pirri”.
L’età della formazione è riferibile al Serravalliano.

Il calcare di Cagliari

Il “Calcare di Cagliari” è un complesso in prevalenza carbonatico che affiora solo nelle colline di Cagliari, sopra le “Arenarie di Pirri”, costituito alla base da calcari marnosi, “Pietra Cantone“, sormontati da biocalcareniti, “Tramezzario” e da calcari biohermali, “Pietra Forte“.

La “Pietra Cantone” è un calcare marnoso-arenaceo giallastro, tenero e mal stratificato, che poggia mediante un contatto graduale sulle “Arenarie di Pirri” e marca una nuova fase trasgressiva.
Il ricco contenuto paleontologico è dato da foraminiferi planctonici e bentonici, bivalvi, gasteropodi, echinidi, coralli isolati e bioturbazioni.
Sono noti inoltre resti di crostacei, pesci, rettili e cetacei.
L’ambiente deposizionale indica una profondità di circa 60-80 m, riferibile al piano circalitorale.
I foraminiferi planctonici datano la facies al Tortoniano.

Sulla “Pietra Cantone”, tramite una netta superficie erosiva, poggia il “Tremezzario”, costituito da calcari argillosi di colore bianco e aspetto farinoso, calcari bioclastici e biocalcareniti in banchi di spessore variabile.
I caratteri litologici, sedimentologici e paleontologici mostrano una certa instabilità del bacino di sedimentazione e l’assenza di una graduale transizione con l’unità sottostante.
La biocenosi indica per il “Tramezzario” una paleobatimetria non superiore a circa 40 m, che tende progressivamente a diminuire verso l’alto della successione, e un piano batimetrico infralitorale-circalitorale.

La “Pietra Forte” chiude la successione miocenica ed è costituita da un calcare organogeno compatto bianco-grigiastro, da biohermale a biostromale, ricco di alghe calcaree (Litotamni), oltre che di molluschi e di foraminiferi.
L’ambiente deposizionale è litorale e infralitorale, con elevata energia e paleobatimetria inferiore a 30 m.
La presenza di superfici di discordanza e brecce miste testimonia l’instabilità del bacino di sedimentazione. L’età non è precisabile su dati micropaleontologici ma, sulla base della posizione stratigrafica, delle faune osservate e delle analisi eseguite, è riferibile al Tortoniano, anche se per affinità con formazioni analoghe affioranti nel Golfo di Oristano, non è possibile escludere un riferimento al Messiniano.
La “Pietra Forte”, essendo costituita da roccia rigida, è intensamente fratturata e fagliata; la sua compattezza, inoltre, ha dato luogo, grazie anche all’erosione, ad una morfologia a creste con pareti subverticali, con rotture di pendio nette al contatto con le formazioni più tenere.

Sulle successioni mioceniche poggiano i depositi quaternari.

Fonte utilizzata: “Note illustrative della Carta Geologica d’Italia” scala 1:50.000 – Foglio 557 Cagliari, realizzata nell’ambito del Progetto CARG (Legge 305/89) tramite convenzione tra Servizio Geologico d’Italia – Dipartimento Difesa del suolo – Organo Cartografico dello Stato (Legge 68/60), confluito nell’agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Sevizi Tecnici, e Regione Autonoma sardegna.
Fonte: http://www.parconaturalemolentargius.it

Geologia

L’area urbana di Cagliari comprende un sistema morfologico collinare, collegato a sistemi morfologici
costieri da una complessa idrografia che drena le aree circostanti.
Molto articolato è il sistema costiero, con lagune, stagni, paludi e saline separati dal mare da cordoni litoranei, a costituire tra le più importanti zone umide del Mediterraneo.
Tutta la dinamica del sistema è attualmente fortemente condizionata dall’intensa antropizzazione.

In particolare, risulta fortemente compromesso dagli insediamenti urbani e da opere di regimentazione
il reticolo di drenaggio che assicurava il mantenimento del sistema di stagni costieri.
L’intervento antropico ha fatto sì che il potenziale di deflusso delle acque si sia notevolmente ridotto, con gravi rischi di esondazione, almeno in alcune aree, in occasione di condizioni meteoclimatiche critiche.

Dal punto di vista litologico, il settore occidentale dell’area urbana è caratterizzato, in affioramento, da una discreta variabilità litologica.
Sono ampiamente diffusi depositi miocenici costituiti da: argille (“argille di Fangario”), arenarie (“arenarie di Pirri”), marne e calcari marnosi (“pietra Cantone”) e calcari (“tramezzario” e “pietra forte”).

A parte la “pietra forte”, caratterizzata da buone caratteristiche fisico-meccaniche, le altre unità vedono il loro comportamento variare a seconda dell’alterazione e/o del contenuto in acqua.
Non si può pertanto definirne un comportamento standard.
In questo settore, ampie aree sono coperte da coltri eluvio-colluviali, di spessore medio 1-2 m, e da terreni di riporto, con comportamento generalmente scadente.
In affioramento, infine, in aree più limitate, sono da segnalare conglomerati e arenarie (“panchina  tirreniana”) del Pleistocene superiore, con un buon comportamento meccanico.

In tutta l’area urbana, e con assoluta prevalenza nei settori centrale e orientale, affiorano depositi alluvionali olocenici – essenzialmente ghiaie e sabbie – con un buon comportamento geomeccanico.
Relativamente diffusi sono anche i depositi palustri, anch’essi olocenici, costituiti prevalentemente da limi e argille, con plasticità da media ad alta.

Nel settore centrale, intorno allo Stagno di Molentargius, sono ampiamente presenti depositi di spiaggia e dei cordoni litorali antichi (olocenici), costituiti prevalentemente da sabbie e ghiaie, e, lungo la costa (Spiaggia del Poetto e di Quartu), depositi di spiaggia attuali, prevalentemente sabbiosi.
In particolare, la Spiaggia del Poetto, soggetta a forte erosione costiera, è stata interessata da lavori di ripascimento nel 2002 che, da un lato, hanno esteso l’arenile ma, dall’altro, hanno sensibilmente modificato  le caratteristiche morfologiche, tessiturali e cromatiche dei depositi sabbiosi originariamente medio-fini e quarzoso chiari.

Una caratteristica dell’area urbana di Cagliari è la ricchezza di cavità prevalentemente “artificiali” nel sottosuolo, realizzate dall’uomo nel corso dei secoli.
Si va dalle necropoli di epoca punica, agli acquedotti di epoca romana, a gallerie, cisterne e pozzi di epoca  medievale e, in epoca più recente, ad acquedotti e rifugi anti-aerei.

Non mancano cave per l’estrazione di materiale da costruzione, attive fin dall’epoca punico-romana. Riempite spesso da materiale clastico incoerente o debolmente cementato, o da depositi antropici, tali cavità possono costituire un serio pericolo per le costruzioni sovrastanti, a causa delle condizioni di instabilità legate a cedimenti differenziali.

Per quel che riguarda l’assetto idrogeologico, l’acquifero principale è costituito dalle arenarie di Pirri. Acquiferi secondari sono costituiti dalle litologie più calcaree dei “calcari di Cagliari”, dalla “panchina tirreniana” e dai depositi litoranei.
Di notevole importanza sono state in passato le emergenze idriche naturali, ma l’intensa urbanizzazione ha drasticamente ridotto le potenzialità di ricarica degli acquiferi, almeno per quel che riguarda l’apporto meteorico.
La forte contaminazione ne impedisce ormai l’utilizzazione per fini potabili, consentendone un uso solo per fini industriali e per l’irrigazione.
Ulteriori danni derivano dall’eccessiva attività di emungimento in prossimità delle coste, che ha provocato il richiamo di acque ad elevato contenuto salino.

Infine, sono da segnalare vari fenomeni di dissesto che hanno interessato il centro urbano di Cagliari, tra cui: frane di crollo o scoscendimenti (essenzialmente lungo costoni); collassi gravitativi, che come abbiamo visto sono legati alla presenza di cavità sotterranee; sifonamenti, soprattutto nei materiali di riporto; fenomeni di subsidenza, localmente dovuti ad abbassamenti artificiali della falda.
Fonte:LA CARTOGRAFIA GEOLOGICA DELLE GRANDI AREE URBANE ITALIANE