Gesico, piccolo paese della provincia di Cagliari, dedito all’agricoltura e alla pastorizia, conosciuto dagli amanti delle lumache e delle sagre popolari, conserva nei ricordi dei suoi anziani abitanti pezzi di storia non scritta e di tradizioni popolari.
Fermatevi un attimo a parlare con un anziano paesano e scoprirete che ha tante cose da raccontarvi… più di quante possiate immaginare.
Mi é capitato spesso di intrattenermi con qualche anziano e ho approfittato di quelle occasioni per cercare di conoscere un poco meglio i miei antenati, ormai morti, per bocca di chi li aveva conosciuti…
Un giorno, quasi per caso, mi capitò di parlare di uno di quegli argomenti che solitamente non viene trattato da nessuno, i guaritori (is bruscius).
Il guaritore, di solito una anziana donna, solitamente si occupa di una sola “malattia”, per cui se si vuole salvare il vigneto dai ripetuti attacchi degli uccelli ci si deve rivolgere ad una persona che reciterà i versi per non beccare l’uva (is brebus po no biccai s’axina), se invece si ha bisogno di curare il fastidioso insetto conosciuto come “la mosca dei pastori “ (sa musca de is pastoris) bisognerà rivolgersi ad altra persona.
In ogni caso, per la buona riuscita della “medicina” (sa meiscina) é richiesta una fede incondizionata della persona interessata nei confronti del guaritore e della sua magia.
Il rituale solitamente é abbastanza semplice, si svolge senza che nessuno, eccetto l’interessato, sia presente.
Spesso vengono introdotti degli elementi personali nella “medicina”, é questo il caso della medicina contro la mosca dei pastori, in cui durante il cerimoniale viene ripetuto più volte il sopranome (s’allumingiu) del malato.
La mosca del pastore é un fastidioso insetto che si può trovare spesso con le pecore, si riconosce perché ronza intorno alla faccia e poi, raggiunta l’angolazione giusta, spruzza verso il viso della persona presa di mira le sue uova, che impiegano nove giorni a raggiunge lo stadio larvale e poi altri nove giorni per scomparire.
Durante tutto questo periodo il malato soffre di fastidiosi disturbi alle vie respiratorie (naso, gola), e in alcuni casi anche gli occhi sono attaccati da questo insetto.
Ma in quale modo la medicina popolare cura questa malattia? Il guaritore, interessato dal pastore colpito dalla malattia, raccoglie una manciata di polvere da terra la soppesa in una mano pronunciando in maniera incomprensibile formule segrete, alternate al sopranome del malato, quindi la polvere viene passata sull’altra mano e il rito, dopo altre formule segrete, é terminato. Se tutto é andato bene, dopo qualche giorno il malato si sentirà già meglio… altrimenti…
In alcuni casi viene stabilito quasi un accordo tra lo stregone e la “malattia”, é questo il caso della “medicina per non far beccare l’uva agli uccelli”.
In questo caso “su brusciu” girerà per la vigna mormorando parole incomprensibili, poi raggiunto un luogo prefissato segnerà alcune piante riservate agli uccelli e dirà che tutte le altre non devono essere toccate.
Se tutto va bene gli uccelli mangeranno solo dell’uva a loro riservata senza toccare il resto del raccolto!
Nella tradizione popolare di Gesico e di altri paesi della zona, si ricorreva “a su brusciu” anche per altri motivi, come la cura del malocchio oppure, per fare innamorare la persona desiderata o per curare i porri.
In passato questo tipo di medicina era molto più usata mentre ora se ne sta perdendo il ricordo. In passato alcune persone avevano fatto di questi rimedi una fonte di guadagno, al guaritore veniva infatti corrisposto un compenso.
Naturalmente c’era sempre qualcuno che per interesse fingeva di essere un guaritore e cercava di imbrogliare il prossimo, per questo motivo vennero creati e vengono tuttora tramandati dei graziosi aneddoti, questo é uno di quelli che ho sentito raccontare in dialetto gesichese e che qui traduco cercando di essere il più fedele possibile al testo e al modo in cui viene raccontato:
Vi era in un tempo in cui le pecore
erano malate di una peste che le faceva morire,
il pastore allora si rivolse al prete
che gli disse che avrebbe fatto tutto ciò che poteva.
Il prete prese dell’acqua santa e si recò dal pastore
che lo portò dove aveva il suo gregge.
Il prete benedì le greggi e poi legò una sottile
striscia di pelle al collo di una pecora.
Il pastore sperava che tutto andasse bene ma così non fu.
Un giorno, vedendo che le pecore continuavano a morire
prese la striscia di pelle che era stata legata al collo della pecora
e vi trovò una scritta che diceva:
“Sa chi mori moridi, sa chi campa campada”
(Quella che muore muore , quella che vive vive)
Il passato ci insegna tante cose, bisogna solo avere il coraggio di imparare…
Alessandro Rugolo