Chissà quanti di voi hanno preso parte almeno una volta da ragazzi a questi antichi giochi….
CHIE T’ HAT PUNTU?
Questo gioco si faceva in gruppo e si svolgeva così: uno si sedeva su una sedia e tappava gli occhi ad un altro. Uno del gruppo Io pizzicavo e tornava al suo posto. Quello che era seduto chiedeva: “Chie t’ha puntu?” e l’altro rispondeva: “s’alza” “Puite?” “Po ti sanare” “Attindela po ti curare”.
Quello che era inchinato andava in mezzo al gruppo e ne sceglieva uno che prendeva poi a spalle e lo conduceva dal compagno che chiedeva: “Da bue l’al battia?” “Da Narabolia” “Torrachela ca non el sa mia”. Esso aveva tante possibilità.
Riportava il compagno nel gruppo e ne sceglieva un altro, finche non trovava il compagno che lo aveva pizzicato, e questo prendeva il suo posto.
MUSCONE
Anche questo era un gioco di gruppo. Uno appoggiava una mano sul viso e l’altra sotto la spalla. Uno del gruppo, stando dietro, dava un colpo alla mano nascosta sotto l’ascella; siccome il protagonista doveva indovinare da chi aveva ricevuto il colpo, quelli del gruppo gli giravano attorno e con l’indice sollevato facevano il moscone. Se indovinava chi era stato, si scambiavano i ruoli, diversamente restava ancora lui nell’angolo con la faccia coperta.
GARIGI
A garigi si giocava con “sas laddarasa” (la pallina poteva essere di vetro o di terracotta fatta appositamente), e si svolgeva così: si faceva un buco nella terra. A turno si lanciava una pallina cercando di farla entrare nel buco; se uno ci riusciva guadagnava tre punti. Dopo passava la mano al compagno, il quale cercava di avvicinare la pallina all’altra “ceddare”. Se c’erano tre palmi di differenza si guadagnavano altri tre punti.
Così si continuava fino ad arrivare a ventun punti e vinceva chi aveva totalizzato più punti Chi vinceva finiva il gioco; gli altri continuavano.
SA MURRA
Il gioco si praticava in gruppi di 4 o 2 persone. La gara veniva disputata alternativamente da soli due giocatori per volta;che dal pugno chiuso estraevano le dita e dicevano un numero superiore al numero delle dita che ciascuno estraeva. Il numero massimo della murra era 10. Si sommavano tutte le dita e chi indovinava aveva un punto; lasciato da parte il perdente, continuava il gioco con un altro componente del gruppo. Questo gioco era proibito dalla legge, perchè certe volte non si osservavano le regole del gioco e allora si giocava specialmente nei magazzini e in campagna e quando qualcuno non voleva perdere era frequente che il gioco degenerasse in una rissa. Vi erano giocatori molto abili che riuscivano a indovinare quante dita il concorrente avrebbe estratto quindi vincevano sempre ed erano molto orgogliosi e sicuri.
Essi pronunciavano in modo sveltissimo e ritmico i numeri che costituivano Ia somma (murra = 10) e passavano dall’uno all’altro concorrente con una destrezza e maestria singolare, riuscendo anche a tenere il conto. È un gioco che è praticato tutt’ oggi ma solo in occasione delle feste rurali e da giovani un po’ maturi e più attaccati alle tradizioni paesane. (Punteggio da 16 a 21 con lo spareggio).
SA BÀTTIDA
Uno dei tanti giochi che si praticavano in passato era “sa bàttida”. Questo gioco consisteva nel prendere una monetina e lanciarla contro il muro, con tutta la forza. Poi la stessa persona rilanciava un’ altra monetina cercando di farla cadere a un palmo di distanza dall’altra; chi riusciva a toccare le due monetine con le dita vinceva la partita, e tutte le altre monetine che c’erano in terra, e chi non ci riusciva perdeva le proprie monetine.
SA BALDOFULA
Un gioco divertente era la trottola detta “sa Baldofula”. Questo gioco si svolgeva così: si faceva un cerchio sul terreno “su parottu” e dopo vi si metteva una trottola dentro. Questa trottola era facile da costruire, infatti ogni ragazzo se la costruiva da se, con il legno più resistente, cioè quello d’ulivo.
Si prendeva un pezzo di legno lungo più o meno 6-7 cm e di larghezza 4-5 cm; con un coltello gli si faceva la punta, ùdove si infilava una vite. Sulla trottola così ottenuta si arrotolava un laccio in pelle (corria). L’estremità di questo filo veniva passato tra l’anulare e il mignolo, si lanciava così la trottola capovolta, il laccio in pelle si slegava e la trottola girava. Gli esperti del gioco riuscivano a “piscare”, cioè a farla girare sulla mano e a farla salire sul braccio e girare sull’unghia. Il gioco cui ho accennato prima consisteva nel colpire “binzicorrare” la trottola per farla uscire dal cerchio; chi ci riusciva vinceva e quindi faceva mettere a un altro partecipante la propria trottola nel cerchio. Se invece non riusciva, perdeva e doveva mettere la sua trottola. Certe volte quello che doveva tirare se non se la sentiva diceva al più bravo giocatore così: “Dami manu mia franchèo” cioè chiedeva se poteva tirare al suo posto.
Durante il gioco la trottola che era dentro il cerchio, a seconda delle posizioni che prendeva, aveva un nome: se la trottola si inclinava da una parte si chiamava “pila”.
Uno dei tanti giochi che si facevano con la trottola era “Parottu”: per terra si tracciava un cerchio e al centro vi si metteva un sasso. I concorrenti dovevano cercare di colpirlo; il primo giocatore che fosse riuscito a colpire la pietra avrebbe dovuto scegliere chi degli avversari dovesse mettere la proprio trottola al posto del sasso. Una volta fatto ciò, i concorrenti colpivano la trottola fino a che qualcuno non la spaccava o la tirava fuori.
ISPROPRIARE
Il gioco di solito si svolgeva in un terreno morbido, i giocatori facevano un cerchio sul terreno e Io dividevano in parti uguali. Si doveva essere muniti di un coltello o di qualcosa di simile e si lanciava nel campo avversario Se questo rimaneva infilzato nel terreno, l’avversario dovevo cedere un pezzo del suo terreno al vincitore,che aveva diritto a un altro tiro.
SERATTU, SERATTU
“Serattu, serattu in domo de su attu, in domo de su mere serattu mi chere”. Si giocava nei pilastri della piazza di San Nicolò, il gioco consisteva nel rubare il posto l’uno all’altro. Si giocava in cinque con uno che rimaneva fuori e doveva riuscire a prendere il posto agli avversari mentre questi ultimi se li scambiavano a vicenda.
SA TURRE
Era un gioco pericoloso nel quale si richiedeva una certa disponibilità di forza fisica. Il gioco si svolgeva così: i giocatori potevano essere un minimo di 21 , o quanti se ne voleva.. Per primi si disponevano in piedi i ragazzi più robusti, e sopra di questi (sempre in piedi) se ne disponevano altri sempre in numero minore fino a rimanerne uno. Si doveva rimanere così per più tempo, fino a quando qualcuno cedeva.
SEDDA MURRA
Questo gioco, come del resto tutti gli altri, si svolgeva durante le feste popolari, in campagna. Si giocava in otto ragazzi divisi in due squadre di quattro ognuna. Dopo il sorteggio una delle due squadre si metteva a “Sedda”, cioè gli uni abbracciati agli altri con le teste unite insieme, il più possibile con la schiena inclinata verso avanti. L’altra squadra mandava un suo giocatore a saltare in groppa a un avversario; prima di saltare però pronunciava questa frase, “Sedda murra…” e aggiungeva il nome dell’avversario sopra il quale doveva saltare. Dopo che tutti i compagni saltavano senza sbagliare, si rincominciava allo stesso modo e sempre con la stessa squadra. Ma attenzione! perche una volta che il giocatore saltava a sedda, doveva riscenderne aggrappandosi alle gambe degli avversari, facendo una semi-capriola, senza però mollare le mani dalle gambe avversarie.
LUNA MONTA
Questo gioco consisteva nel saltare il compagno che stava piegato a terra: se quello che saltava toccava il compagno che stava a terra, allora c’era un cambio. Quello che saltava andava sotto e quello che era sotto andava sopra e così via.
Chi stava sotto aveva la facoltà di abbassarsi o sollevarsi, stando attento a fare in modo che chi saltava cadesse dall’altra parte in determinate posizioni prestabilite (a gambe incrociate, a braccia incrociate, ecc.). Il primo saltatore contava e gli altri ripetevano la stessa sua frase “Luna monta, due monta il bue, tre la figlia del re, quattro particolare, cinque incrociatore, sei in crocetto, sette speronette, otto gigiotto; nove il bue, dieci un piatto di ceci, undici per mezz’ora, dodici tutta l’ora, tredici fazzoletto”.
SOS CHILCOS
Un altro gioco divertente era quello de “Sos chilcos”. I bambini di solito rubavano dai padri i cerchi delle botti, poi ci agganciavano un ferro e partivano correndo, facendo molto rumore.
SOS CADDOS DE CANNA
Prima nell’antichità i bambini non avendo giochi a disposizione si divertivano a costruirseli da se, come ad es. “sos caddos de canna” che erano canne di un metro circa. Queste venivano messe tra le gambe (come dei cavalli) e si facevano le gare; un altro esempio è il carro costruito con “ferula” a cui venivano attaccati dei buoi fatti con lo stesso materiale.
S’ ISCRADIADOLZU
S’iscradiadolzu consisteva nel fare una pista in una discesa ripida: si prendeva la metà di una foglia di fichi d’India, la parte interna molto scivolosa appoggiava in terra e sopra quest’ultima si metteva una tavola di legno o “su seddone”, un pezzo di tronco di fico d’India dove i bambini si sedevano e partivano scivolando lungo la discesa. Questo gioco era divertente ma quasi tutte le volte si rompevano i pantaloni e rimanevano “impeddonadoso”.
SA FILLlGADA
A questo gioco si poteva giocare solo nel periodo delle castagne, quando appunto si andava a cercare le castagne; si raccoglievano un bel po’ di castagne e si mettevano per terra. Ci si faceva il fuoco sopra, quando le castagne erano pronte si spegneva il fuoco e sopra si mettevano delle felci A questo punto ogni concorrente doveva mangiare più castagne possibili tenendo in testa una pietra. Se ad un concorrente cadeva la pietra veniva squalificato.
SAS ISPILLAS
Le bambine giocavano molto a “sas ispillas” (con le spille). Il gioco si svolgeva così: in un cesto molto grande chiamato “pischedda ‘e uddire” (che veniva utilizzato per lavare i panni con la lisciva), si mettevano le spille con sopra la crusca; si mischiava il tutto e si dava un po’ di crusca a ciascuno Dopo che ognuno toglieva la spilla dalla propria crusca, due concorrenti mettevano le spille su un piano o per terra, e ciascuna, soffiando la propria, cercava di metterle una sopra l’altra, a croce; chi ci riusciva prendeva tutte e due le spille, consegnandone una per continuare il gioco; vinceva chi riusciva a vincere tutte le spille.
SA PUPPIA
Sa “Puppia” era Ia bambola che allora le bambine, non avendo altri mezzi, si facevano con stracci vecchi.Per fare il corpo (escluse le braccia), si arrotolava uno straccio e, per non srotolarsi, si cuciva. La testa era compresa nel corpo costituito dalla parte superiore un po’ arrotolata fissata sempre con cucitura. Gli occhi erano cuciti con filo bianco, il naso che si trovava al centro era un puntino nero, Ia bocca invece era fatta con del filo rosso e i capelli con fili di grano cuciti. Le braccia erano costituite da un unico straccio arrotolato, cucito a croce sull’altro che fungeva da corpo.
TIRONE
Questo era un gioco di società praticato all’aperto, si tracciava una scacchiera e si tirava con un piede (l’altro era sollevato) un coccio. Se questo si fermavo sul rigo che delimitava una casella, Ia casella successiva diventava proprietà dell’avversario. Il gioco così diventava più difficile poichè al gioco successivo bisognava saltare quella casella.
CUA CUA
Cua cua era un gioco femminile, comune anche fra i ragazzi.Un giocatore si doveva mettere contro il muro con Ia faccia coperta per non vedere e contava mentre gli altri si nascondevano. Quando finiva di contare diceva “Tres trese chie non este cuadu chi si cuede” e doveva cercare dove gli altri si erano nascosti e, se trovava qualcuno, doveva correre prima dell’avversario per toccare il muro dove prima avevo contato, dicendo “tres trese”. Se egli arrivava prima dell’avversario doveva contare questo, se invece arrivava primo l’avversario doveva ricontare il primo.
SU GIOGU ‘E SOS OLZOSO
Questo era un gioco che veniva fatto la notte di capodanno per aspettare Io mezzanotte. Veniva fatto per scoprire se due persone si volevano bene. Per svolgere questo gioco serviva: una ciottola d’acqua e due semi d’orzo Con un dito si fa girare l’acqua, si butto l’orzo nell’acqua, di modo che galleggi e giri in mezzo ad un turbine A ogni seme d’orzo si dà un nome e si Iosciano girare per un bel po’. Quando uno dei due si ferma da una parte, se l’altro seme Io raggiunge e si ferma di fianco a lui, queste due persone si vogliono bene, se invece l’altro continua a girare e si ferma dall’altra parte o comunque lontano, le due persone non si vogliono bene.
Tratto da “Scano Montiferro” Ambiente -Storia -Tradizioni”
Raccolta di notizie a cura della Scuola Media (Anno scolastico 1987-1988)