Nelle comunità sarde di un tempo, si delineavano distinzioni in base alle competenze e alle abilità dimostrate.
Le Donne di preghiera, note anche come orassionarjas o oraziònarjas, impiegavano la musicoterapia e la danza in alcuni rituali curativi, accompagnate sempre da preghiere cantate e ballate.
Un esempio di tali riti era il loro coinvolgimento in un rituale terapeutico per contrastare le febbri perniciose (su ventu orbinu)…. Un rituale di grande importanza riguardava sa varza l’argia, arza o arja (Latrodectus tredecimguttatus Rossi, 1790), noto nel resto d’Italia con vari altri nomi come malmignatta, ragno volterrano, bottone, falance, vedova nera.
In Sardegna, sono stati segnalati diversi avvistamenti in epoche più o meno recenti (nel 1996, ad esempio, è stato trovato un nido con una decina di esemplari in un giardino a Cagliari).
Nel 2006, alcuni ricercatori dell’Università di Cagliari insieme alla guardia Forestale della stazione di Marrubiu hanno individuato decine di esemplari nell’area di Santa Giusta e nell’Isola di mal di ventre.
Questo ragno, estremamente velenoso e temuto dai contadini allora come oggi, era considerato una maledizione a causa degli effetti del suo potente veleno.
In passato, la puntura di questo ragno costituiva un problema concreto, almeno fino a una cinquantina di anni fa.
Il rito tradizionale “su ballu de sa varza“, spesso deriso e confuso con leggende di vario genere, era in realtà un modo di affrontare il pericolo.
Questo rituale prevedeva anche la somministrazione di rimedi a base di erbe per alleviare i sintomi causati dal veleno, come febbre alta, crampi allo stomaco e confusione mentale.
In alcuni luoghi, tre donne, rappresentanti una giovane nubile, una sposata e una vedova, si disponevano attorno al malato formando un cerchio.
Muovendo i loro setacci con del grano all’interno, creavano un accompagnamento musicale alle preghiere intonate secondo vibrazioni precise, passando da un sussurro quasi incomprensibile al ballo intorno al malcapitato in un cerchio sempre più animato.
In altre regioni, si accendeva un fuoco di tralci di vite davanti alla chiesa, formando delle croci, che veniva costantemente alimentato dal malato, mentre le oraziònarjas eseguivano il loro rituale consueto attorno a questo fuoco.