L’area in cui è ubicato il castello di Arcuentu è frequentata da secoli. Nel testo “Arbus tra storia e leggenda” possiamo apprendere che sul Monte Arcuentu sono state trovate lucerne a tazzina ed a conchiglia di tipologia punica, è stato scoperto un ripostiglio contenente numerose monete romane e che in località Tzei, posta alle pendici del Monte Arcuentu, è stato scoperto un insediamento romano con necropoli, comprendente tre tombe con corredi vascolari.
Il castello di monte Arcuentu viene descritto da Francesco Cesare Casula nel Dizionario Storico Sardo edito da Carlo Delfino Editore. Dalla lettura del libro si può evincere come i sistemi murari perimetrali si adattassero alla conformazione del terreno su cui furono impiantati. Al castello di Arcuentu si accedeva dall’unico ingresso collocato sul lato est. Nei pressi del castello sono situate due cisterne. La prima cisterna, sotterranea, si trova a settentrione ed è ricoperta da una volta a botte che serviva per la raccolta piovana. L’altra, di dimensioni maggiori, è ubicata nel lato opposto del castello di monte Arcuentu. Oggi possiamo ammirare soltanto i ruderi di quelli che un tempo dovevano essere gli ambienti del castello.
Data la posizione della fortezza, ubicata ai confini tra il Giudicato di Arborea e il Giudicato di Cagliari, lo storico Francesco Cesare Casula ipotizza che si potesse trattare di un castello molto importante per la difesa del giudicato.
Il primo documento che menziona il Castello di Arcolento risale al 1164: si tratta di una concessione-pegno che il giudice Barisone I de Lacon-Serra, fece, unitamente al castello della Marmilla, a favore della Repubblica Comunale di Genova, in cambio dell’aiuto e del denaro prestatogli nella sfortunata vicenda della sua investitura imperiale a Re nominale di Sardegna. Il giudice, nell’intento di ottenere dall’Imperatore Federico I Barbarossa il titolo di Rex Sardiniae, si era affidato ai Genovesi. Nel 1164, venne incoronato Re Nominale di Sardegna in cambio di 4000 marchi d’argento anticipati dal Comune di Genova. Nel 1172, il castello di Arcuentu, insieme a quelli della Marmilla, risultava ancora occupato dai Genovesi a garanzia dei loro crediti. In seguito alla morte di Barisone I d’Arborea, divenne giudice il figlio Pietro I de Lacon-Serra. Nel 1189, Pietro, in cambio dell’estinzione del debito paterno, chiese ai suoi creditori la cittadinanza genovese. Quindi dal 1192, il castello di Arcuentu , unitamente a quello di Marmilla, è rientrato in possesso dei sovrani arborensi, seguendone la sorte.
Alle pendici del Monte Arcuentu, in una zona particolarmente fertile, in epoca giudicale, sorgeva il villaggio di Bidda Tzei.
Il castello di Arcuentu divenne un monastero Vallombrosano. Non si hanno dati precisi sull’anno in cui è avvenuta la trasformazione del castello di Arcuentu in monastero. Quel che è certo è che nel 1066 San Giovanni Gualberto inviò in Sardegna e in Corsica, Domino Arteo Bortichi con dieci monaci che avrebbero fondato tre badie, due di queste intitolate a San Michele e la terza alla Madonna di Drova. Il fatto che il monaco Vallombrosano Eugenio Flammini nella sua “Cronichetta o epilogo cronicale” non avesse scritto il nome dei siti in cui vennero costruiti i monasteri, ha comportato per lungo tempo un malinteso. Il Monastero di San Michele di Thamis di Uras è stato da molti studiosi sardi confuso con quello del Monte Arcuentu (appartenente sempre all’ordine dei monaci vallombrosani).
Al 1188 risalgono le prime testimonianze documentali dell’esistenza dell’Abbazia di San Michele di Thamis di Uras che venne affidata ai monaci Vallombrosani. L’intento dei monaci Vallombrosani era quello di restaurare il primitivo rigorismo Benedettino, distinguendosi da esso per la proibizione del lavoro manuale. Col prosperare dell’Abbazia di Thamis, i monaci Vallombrosani, fondarono un altro Monastero dipendente dalla stessa Abbazia di Thamis sul Monte Arcuentu. Studi storici dimostrano che nel 1193 tale monastero fosse in vita e fiorente. La chiesa di Monte Arcuentu viene nominata in 5 Bolle Pontificie dell’XI e XIII secolo ascrivibili rispettivamente a Papa Innocenzo III, due a Papa Onorio III, una a Papa Gregorio X infine a Papa Innocenzo IV. Nel 1342 l’Abate di Thamis “Domino Frate Silvestro, faciente pro ecclesia S. Michaelis de Monte Orculenti” versò una tassa di quattro Massamutinos aurei e 10 lire di alfonsini. A partire dal XVI secolo le sorti del Monastero di san Michele di Thamis cominciarono prendere una brutta piega, forse a causa di un’incursione barbaresca o del diffondersi della peste, e con essa anche quelle del Monastero di San Michele del Monte Arcuentu.
Si hanno notizie di un utilizzo del castello/monastero del Monte Arcuentu come arsenale militare.
Legata a questo affascinante luogo è la curiosa storia di Fra Lorenzo (frate francescano del Convento Fra Ignazio da Laconi di Cagliari) che per trent’anni consecutivi nel corso del XX secolo, ha vissuto un mese all’anno sul Monte Arcuentu per le sue meditazioni, circondato da una meravigliosa vegetazione, da un assoluto silenzio, dalla storia e dalle leggende che popolano questo luogo magico. Sempre ad opera di Fra Lorenzo la spettacolare via Crucis che dalla base del monte Arcuentu conduce fino alla sua cima.
a cura della dott.ssa Carla Lampis
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