Il castello di Monreale è uno di quei luoghi che vedi dalla Statale 131 e che ti riprometti di andare a vedere prima o poi…. ma il poi è sempre distante, indefinito nel tempo.
Stavolta il tempo è giunto sotto forma di una mattina soleggiata di fine Giugno, con una scarpinata lungo i fianchi, ricchi di macchia mediterranea, delle colline su cui è stato costruito il castello.
La strada che arriva sino alla fortezza l’abbiamo scoperta solo dopo ma sbagliare ci ha consentito di vedere la cinta muraria e le torri perimetrali da un punto di vista differente da chi giunge in macchina direttamente alla sommità.
Ma veniamo ad un pò di storia.
Il complesso fortificato di Monreale venne costruito sui versanti di due colline adiacenti e sull’ampio spazio fra queste compreso. Il territorio è quello di Sardara.
Sul rilievo più alto, nel settore meridionale, troviamo il castello a pianta quadrangolare irregolare, a dominare la pianura del Campidano.
Sia il castello vero e proprio che il borgo sono racchiusi da una cinta muraria con otto torri e due porte, una orientata a Nord verso Sardara e l’altra a Ovest, detta “Porta San Gavino“.
Sin dall’epoca romana la strada di collegamento tra la città di Caralis e di Turris Lybisonis (l’ odierna Porto Torres) passava sotto queste colline ed il castello dall’alto dominava proprio questa importante via di comunicazione.
A questa via principale era collegato il centro termale, la Statio Aquae Neapolitanae, che in epoca medioevale pare venne frequentata anche dai membri della famiglia giudicale per il godimento dei benefici delle acque termali.
In epoca medioevale l’area mantenne una notevole importanza strategica e lo stesso percorso della via romana fu ripreso dalla bia Aristanis (strada per Oristano), che portava alla capitale giudicale del Regno d’Arborea a cui apparteneva il complesso fortificato che insieme ai castelli di Marmilla (Las Plassas) e di Arcuentu (Arbus) faceva parte della linea difensiva meridionale del suo territorio.
Il primo documento d’archivio nel quale si nomina il castello risale al 1309, quando Giacomo II d’Aragona concede ai regnanti dell’Arborea di conservare pacificamente il possesso di tutto ciò che già allora possedevano o qualcuno per loro conto amministrava.
Non si conosce la data esatta della sua edificazione, ma nel corso delle indagini archeologiche condotte nel castello è stata rinvenuta una iscrizione che, facendo riferimento alla attività svolta da un Magister (un maestro) del quale non è noto il nome, testimonia l’esistenza del maniero almeno a partire dal 1275.
La fortificazione ebbe notevole importanza per tutto il Trecento, ricoprendo sia la funzione di residenza estiva (della famiglia regnante e della corte giudicale) che strategica e militare.
Infatti nella metà del ‘300, Mariano IV de Bas Serra, Re d’Arborea, che combatteva l’avanzata dei catalano aragonesi, determinati a realizzare il Regno di Sardegna e Corsica che gli era stato donato dal Papa Bonifacio VIII, fece del castello di Monreale e del suo borgo ben munito un punto strategico e un avamposto per le operazioni militari arborensi.
Le alternate vicende belliche portarono nel 1409 allo scontro con i catalano-aragonesi e le truppe giudicali nel territorio di Sanluri, quest’ultime, sconfitte, si ritirarono proprio a Monreale in cerca di un rifugio dal nemico.
Con la vittoria dei catalano-aragonesi il castello e le sue pertinenze entrarono a far parte della contea di Quirra.
Nell’arco del XV secolo il castello e la relativa incontrada furono al centro di varie dispute per il controllo del territorio, in particolare fra Leonardo Alagon ed il vicerè Nicolò Carroz nella lotta per la successione al marchesato di Oristano ed alla Contea di Goceano, finchè il 14 aprile 1470 i due contendenti si affrontarono nella battaglia di Uras dove il marchese di Oristano Nicolò Carroz ebbe la meglio.
L’abbandono parziale ed un cambio d’uso del complesso, da fortilizio a ricovero o pascolo per animali o ancora a cava di materiale edile, va collocato orientativamente nel XVII secolo, quando l’arcivescovo di Ales decise di far appiccare fuoco alla chiesa di San Michele, esterna al borgo, perchè usata come covo dai briganti.
Dal punto di vista funzionale il mastio sembra aver mantenuto nei secoli il suo ruolo di punto di controllo del territorio medio-campidanese compreso fra lo stagno di Santa Gilla ed il Golfo di Oristano, tanto che nel secondo conflitto mondiale è stato sede di una postazione di vedetta a controllo delle basi aeree di Villacidro e Case Zeppara ed è stato perciò bombardato dalle Forze Alleate fra maggio e settembre del 1943.
Superfluo scrivere che è un posto fantastico, fuori dal tempo, immerso tra olivastri, cisto, lentisco, mirto e artemisia e dominato da una grande colonia di corvi… e completamente abbandonato all’incuria.
Ma questa non è una novità.