“In un tempo lontano, quando nel cielo non c’erano le stelle del Grande Carro viveva da sola una vedova che si manteneva grazie alla coltivazione del grano.
Non possedeva grandi appezzamenti di terreno, ma una grande ed estesa aia (s’arzola) capace di contenere tutti i covoni del suo raccolto, ma anche quelli dei suoi compari. I compari erano sette fratelli che vivevano vicino alla vedova e al contrario della stessa possedevano grandi estensioni di terreno coltivato a grano, ma sicuramente una casa con l’aia molto più piccola.
I vicini si aiutavano in questo modo, scambiandosi dei favori e dandosi una mano nel lavoro della raccolta del grano. Dentro s’arzola della vedova stavano sia i covoni suoi che quelli dei suoi compari vicini di casa; li si trovavano al sicuro, anche se soffiava molto vento.
Ecco che in una notte d’estate particolarmente ventosa e buia, la vedova sentì dei suoni, sembrava il rumore di un carro, ma non riusciva a capire bene di cosa si trattasse: il buio fitto le impediva di vedere e la vedova allarmata chiamò i compari. Essi la rassicurarono, dicendole che il rumore era causato dal forte vento. Ma i sette fratelli malvagi avevano stipato i covoni in un grande carro ed erano fuggiti via, complice il grande buio e il forte vento.
Ma lo stesso Vento, offeso per essere stato chiamato in causa ingiustamente, soffiò con furia sempre maggiore contro il grande carro pieno di covoni… il carro salì sempre più in alto verso la cima del monte, verso il cielo… sempre più in alto verso la volta celeste. Così, un ultimo soffio di vento talmente forte da sconvolgere il firmamento, fissò il grande carro nel punto più alto del cielo, formando la costellazione dell’Orsa Maggiore (Grande Carro), detta in dialetto “Sos sette frades” (i sette fratelli). Ma non solo, il Vento sciolse tutti i covoni di grano e paglia, che si sparsero per il cielo come scintille d’oro, le stelle delle Via Lattea. La costellazione venne riprodotta in Terra, ed ecco che nacquero i Monti dei Sette Fratelli, un punto privilegiato dal quale si assisteva in modo assolutamente unico allo spettacolo del firmamento arricchito di tante stelle luminose.”
Grazia Deledda, “Tradizioni popolari di Sardegna” (Newton Compton, 1995).
Andrea.