“Nel nostro vicinato c’erano molte donne che curavano le malattie con “is mexinas sadras”.
Erano riti che si tramandavano di madre in figlia, da una generazione all’altra e venivano accolti come eredità preziosa.
Per molta povera gente erano garanzie economiche, perché se era vero che nessuno voleva essere pagato per questo genere di cure, neppure di fronte a guarigioni evidenti, d’altra parte chi veniva beneficato non poteva rimanere insensibile di fronte alle esigenze e necessità di colui che lo curava.
Così si spiega il motivo per cui veniva così gelosamente custodito il segreto delle medicine e dei riti.
Noi credevamo in questo genere di cure.
Mamma, appena io ero nata si era ammalata di una forma di dermatite che le aveva cosparso tutto il corpo di piaghe. Era rimasta molti anni malata ed era stata ricoverata più volte, ma nessun medico aveva saputo porre rimedio al suo male.
Poi le avevano parlato di un vecchietto di Nuchis, un paesetto vicino a Tempio, che curava questo genere di malattie con un’antica medicina sarda alle erbe che componeva lui stesso.
A Nuchis mamma andava con zia xxxxx, che aveva una sorella sposata a Sassari.
Le braccia di mamma fumavano, sembravano stessero arrostendo sotto l’azione di quel liquido che il vecchietto le metteva con una penna di gallina. Mamma sentiva molto dolore; dopo qualche giorno, però, sulle piaghe si formava una crosticina e quando rientrava in paese stava già bene.
Tutti rimanevano sorpresi e dicevano che quell’uomo doveva essere un santo e che bisognava confidare nelle medicine antiche.
Zia xxx aveva curato babbo quando aveva i brufoli che gli stavano scavando la pelle fino alle ossa con “s’arresigadura de fruccoi”. Grattugiava con un coltello il fusto secco di una pianta, faceva un impasto con lo strutto, lo metteva su un pezzo di tela e lo metteva nei brufoli.”
Testimonianza