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La Conca di la Muneta e il tesoro di Casteldoria

Il  misterioso maniero fu  edificato dai Doria intorno al  1102, quando  i Genovesi fortificarono tutti i loro possedimenti al nord dell’isola, e specialmente l’attuale CastelSardo, un “atollo” poco distante da Santa Maria Coghinas, suggestivo e molto caratteristico. La leggenda che leggerete qui di seguito proviene da uno scritto di Grazia Deledda.

Quando ho visitato la torre mi sono chiesta dove fosse il tesoro dei Doria, ma le impalcature montate per restaurare la fortezza, sono tutt’ora in stato di abbandono, quindi non ho potuto esplorarlo come avrei desiderato. Tuttavia, devo dire con estrema sincerità che la vista da lassù è davvero mozzafiato! Andateci  e mi crederete … Ci sono le rocce, le campagne e il fiume Coghinas davanti; e, scorgendo lo sguardo all’orizzonte il mare, Blu scuro, profondo e altrettanto limpido.
Dalla strada è visibile la  torre a cinque angoli,  fatta di pietre rettangolari saldate l’una all’altra a incastro.

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La leggenda dice che un condotto sotterraneo conduceva dal castello alla chiesa di San Giovanni di Viddacuia, sita all’altra riva del Coghinas, e che questo sotterraneo i Doria lo avessero scavato semplicemente per recarsi alla messa nei giorni di festa. Un marciapiede conduce dalla torre alla Conca di la muneta, dove, si dice, i Doria nascondevano il loro tesoro. Questa Conca, pare sia una grande cisterna di una immensa profondità: nel fondo esisteva una campana d’oro, e i passanti gettavano una pietra, per farla suonare. Ora la cisterna è piena  di pietre, e la campana è invisibile.

conca di la muneta

Il protagonista della famosa leggenda di Casteldoria, è conosciuto con il nome di Andrea Doria, il forte ammiraglio che nel 1527 riacquistò i possedimenti occupati dagli Spagnoli, quello che la leggenda fa morire in modo così strano.
Mentre il principe passava l’inverno nel castello, una dama, moglie o figlia (non si sa bene di preciso) di un cavaliere al servizio dei Doria, e abitante nello stesso maniero, si innamorò perdutamente di Andrea. Ma per quante moine, per quante appassionate dichiarazioni ella gli facesse, egli non la volle sentire mai, anzi una volta, infastidito dall’amor suo, la respinse rudemente, minacciando di espellerla dal castello se non lo avesse lasciato  in pace.

Invasa dallo spirito infernale la innamorata dama tentò ancora, in ogni modo, di procacciarsi l’amore di Andrea Doria: ma San Giovanni preservava il cavaliere dagli amori colpevoli, e vane riuscirono quindi le ultime lusinghe di lei. Allora l’amore si trasformò in odio e la dama si diede tutta al male e alla perversità. Un giorno fece cambiare il suo volto in quello di una vecchia, si vestì da maga e si introdusse nel sotterraneo che conduceva dal castello alla chiesa. Mentre Doria, si recava alla santa messa, la maga lo fermò e gli disse:  «Nobile Messere, mi ha mandato a te San Giovanni di Viddacuia, per dirti; bada, ti sovrasta una grande disgrazia! Il giorno che vedrai i campi del Coghinas ricoperti di cavalli e cavalieri verdi, quel giorno il tuo castello sarà espugnato e tu con la tua corte sarete appiccati per la gola su gli spalti di Castel Doria!..».  Ciò detto sparì! Non è a dire quale stupore e qual vaga paura invadesse l’animo dei cavalieri a tale arcana profezia. Andrea Doria, fu colto da una grande melanconia, ma si fece animo, fortificò il castello e attese, sicuro di non lasciarsi vincere. Per ogni caso mandò le chiavi del sotterraneo, che racchiudeva i tesori, ad una sua sorella abitante in Genova, e aspettò.

vista da conca di la munetaVenuto il mese di maggio, i campi del Coghinas erano coperti di asfodelo e di fieno altissimo, e la perfida donna  compì la sua magia. In una notte trasformò tutti i fusti dell’asfodelo e i flessuosi gambi del fieno fresco in tanti cavalli verdi, montati da guerrieri armati di scudi e di lance verdi, vestiti da tuniche e da corazze verdi! Quando all’alba Andrea Doria scese sui bastioni per aspirare la fresca brezza dell’aurora floreale, impallidì mortalmente.  Egli  vedeva il suo castello assediato da quell’armata verde, immensa, che si perdeva nell’orizzonte, e sentiva che fra poco questo immane e misterioso nemico, venuto all’improvviso da terre ignote, avrebbe invaso e debellato il suo forte.

La terribile profezia della maga gli tornava al pensiero: Sarai appiccato per la gola sugli spalti di CastelDoria! Mai! Mai! Mai! Prima sarebbe morto di mano sua! E infatti, vista la verde armata avanzarsi sempre più numerosa e minacciosa, il prode Doria si precipitò dal bastione e morì sfracellato sulle rocce sottostanti. L’esercito verde sparì, e tornò il fieno nei campi del Coghinas. Nella fresca serenità della azzurra mattina echeggiò un riso diabolico, un triste riso di anima dannata. Era la dama che dall’alto del suo ballatoio aveva veduto compiersi la vendetta. Saputa la morte del fratello, la sorella di Genova, che conservava le chiavi dei tesori e della zecca, si imbarcò per la Sardegna, onde aprire i sotterranei e trasportare i tesori al Continente, ma in mare fu colta da una terribile malattia. Prevedendo la sua morte si fece trasportare in coperta e all’entrare in agonia gettò le chiavi in mare, con gli occhi morenti fissi nella fatale e affascinante isola lontana ove dormiva l’ultimo sonno il suo beneamato e infelice fratello.
Nessuno seppe più aprire la Conca di la muneta, e i tesori dei Doria splendono ancora laggiù, nell’ombra del sotterraneo… Da qualche parte nei pressi dell’imponente Torre di pietra.

Megghy Mariani – megghy11@gmail.com

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