Il bestiame rappresentava il bene più prezioso per un lavoro, come quello del pastore, legato all’economia agro-pastorale. Il pastore stesso doveva adattarsi a mettere in pratica le cure necessarie per rimediare alle malattie dei suoi animali.
Per il carbonchio si usavano salassi alla pancia e alla testa, e quando la malattia causava ferite sula pelle, la parte veniva bruciata per arrestare l’infezione ed evitare il contagio.
Per l’afta, una malattia che colpisce i ruminanti e i suini, si praticava il salasso al palato che veniva poi irrorato con il latte. Ci si accorgeva che l’animale era colpito da questa malattia perchè iniziava a zoppicare, gli comparivano macchie sulla pelle ed arrivava al punto di non riuscire ad alzarsi e camminare. In inglese questa malattia prende il nome di Foot and Mouth Disease, “malattia del piede e della bocca”.
Anche per gli animali si ricorreva ai rimedi tradizionali, con l’utilizzo delle erbe e dei “brebus“. Infatti si riteneva che il malocchio, oltre a colpire gli esseri umani, colpisse anche animali e piante, portandoli addirittura alla morte.
Una delle cure consisteva nell’utilizzare l’acqua benedetta, spruzzandola sull’animale o facendogliene bere alcuni sorsi.