Press "Enter" to skip to content

La flora sarda: una grande rarità di specie

Tempo di lettura: 4 minuti

La flora sarda_ una grande rarità di specie

Nella seconda metà del 1800, la vegetazione arborea dell’isola subì una vera e propria ecatombe.
Il governo sabaudo concesse ad alcune imprese l’autorizzazione a tagliare ben 200 mila ettari di bosco per realizzare traversine ferroviarie.
Alla fine di quell’operazione “legale” la superficie spogliata ammontava a ben 600 mila ettari.

La nostra isola era per buona parte ricoperta da maestose foreste ma, nel 1863, il governo, seguendo la politica del cavour, concesse ad alcune imprese il taglio di ben 200.000 ettari di bosco da trasformare in traversine per le strade ferroviarie.
Nel volgere di pochi decenni il nostro patrimonio boschivo venne praticamente azzerato, complice anche l’industria estrattiva che richiedeva in continuazione legname per le travature delle gallerie sotterranee e come fonte di energia per la fusione dei metalli.
Lecci, roverelle e sughere furono, senza dubbio, i protagonisti principali di questa ecatombe che portò alla eliminazione di circa 600.000 ettari di bosco: una superficie superiore a quella della Liguria!

Delle formazioni boschive primarie, scampate ai dissennati tagli ed agli incendi, non rimangono oggi che pochissimi lembi che, per la dislocazione e per i continui oltraggi cui sono continuamente sottoposti, sarebbe più realistico definire “brandelli”.
Attualmente le nostre foreste, solo in rari casi, raggiungono superfici di 1000 ettari.

Questo antefatto, necessario e doveroso, non ci deve far immaginare una Sardegna povera di formazioni vegetali e con una flora poco interessante. Con l’intento di fugare questa falsa impressione, descriveremo alcuni tra gli ambienti più rappresentativi e caratteristici della nostra isola.

Le sabbie dei litorali

Le sabbie costiere sono sicuramente un ambiente tra i più inospitali: infatti la sabbia e le minute gocce d’acqua di mare smerigliano e incrostano di sale le piante, rendendo comprensibilmente difficile la loro vita.
Solo poche specie, ad elevato grado adattivo, riescono a sopravvivere.

Sono queste le specie “psammofile”: Cakile maritima, Convolvolus soldanella, Agropyron junceum ed Eryngium maritimum che per prime colonizzano gli ambienti sabbiosi.
Più all’interno, sulle dune più alte, compare Ammophila arenaria accompagnata da Echinophora spinosa e Medicago marina.
La specie più appariscente di questi siti sabbiosi è indubbiamente il Ginepro coccolone (Juniperus oxicedrus).

Le lagune salmastre

I numerosissimi stagni e le lagune salmastre che circondano la nostra isola, ospitano una flora quantomai interessante per il suo grado di adattamento all’eccesso di cloruri nel substrato.
La vegetazione sommersa è costituita dalle curiose alghe a candelabro (Lamprothamnium) che vegetano insieme alle idrofite alofile e con Althea filiformis.

Sui bordi degli stagni, dove il variare della concentrazione dei sali è legato a fenomeni ciclici di apporti d’acqua salata dal mare e di acqua dolce dai fiumi, vivono numerose specie appartenenti per la massima parte alla famiglia delle Chenopodiaceae con generi Salicornia, Suaeda, Artrocnemum, halocnemum, Halopeplis, ecc. che hanno l’aspetto delle piante “grasse” per via delle foglie succulente.
Queste, nei loro tessuti ricchi d’acqua, accumulano fino al 10% di cloruro di sodio, realizzando così una elevata tensione di assorbimento che consente loro di assumere acqua dal suolo.

In posizione più arretrata troviamo giunchi (Juncus subulatus, Juncus acutus, Juncus maritimus), cannucce d’acqua (Phragmites australis), che si accompagnano allo Scirpo (Scirpus maritimus) ed ai Settembrini (Aster tripolium).

[amazon_link asins=’1286796202,8860132541,8871384148,8871386779,8871386426,8888193170,8871381963′ template=’ProductCarousel’ store=’testo_art-21′ marketplace=’IT’ link_id=’3113014a-7d43-11e8-af89-af920a48aa12′]

La macchia mediterranea

La macchia mediterranea è, senza ombra di dubbio, la formazione più rappresentativa del nostro paesaggio vegetale.
Come abbiamo detto in precedenza infatti, le foreste sono ormai ridotte a ben poca cosa, anche se non è raro trovare Lecci, Carrubi, Olivastri, Lentischi di dimensioni arboree; la caratteristica però della nostra macchia è quella di essere formata di arbusti quali: Corbezzolo, Lentisco, Mirto, Laurotino e Alloro.
L’altezza media è di 2-3 metri.

La presenza di specie lianose quali Caprifoglio (Lonicera implexa), Smilace (Smilax aspera) e le Clematidi (Clematis cirrosa e Clematis flammula) rendono la macchia praticamente impenetrabile.

I diversi tipi di macchia ed il loro grado più o meno spinto di degradazione, portano con se un diverso corteggio floristico che rende il nostro paesaggio molto vario e suggestivo.
Basterà ricordale le bellissime fioriture biancheggianti della boscaglia ad Erica (Erica arborea), in primavera, o quelle invernali del Corbezzolo (Arbutus unedo) anch’esse bianche ma che si accompagnano al rosso vivo dei frutti che contrastano col verde lucido delle foglie.

Che dire poi dei cisti (Cistus monspeliensis, Cistus incanus, Cistus salvifolius, Cistus albidus, Cistus corsicus) che con i loro bianchi o rosei fiori primaverili, riempiono il paesaggio sardo di una nota di colore ineguagliabile.

L’Euforbia arborea (Euphorbia dendroides), che è la più grande d’Europa, merita una citazione particolare: con le diverse livree stagionali, conferisce al paesaggio che la ospita aspetti differenti a seconda della stagione.
La sua chioma tondeggiante passa dal colore verde tenero in autunno al giallo, durante la fioritura, al rosso corallo alla fine della primavera.

Un aspetto marginale della macchia mediterranea è quello ad Oleandro che, quando il sole caldo dell’estate ha fatto inaridire le colline ed i campi tutto intorno, sui fondovalle ormai asciutti, appare come un’esplosione di colore per i suoi vistosissimi fiori; in questi ambienti vegeta spesso, assieme ai Tamerici, tanto care al D’Annunzio, che, con le loro fronde delicate e la copiosa fioritura di minuscoli grappoli bianchi e rosa, abbelliscono i nostri torrenti e le zone costiere.

Flora relitta e flora endemica

Tra questa flora, testimone di condizioni ambientali ormai non più esistenti che un tempo doveva avere una maggiore diffusione, dando luogo ad imponenti formazioni boschive, non possiamo non ricordare due relitti forestali: l’Agrifoglio (Ilex aquifolium) con le sue caratteristiche foglie spinose di color verde lucido tra le quali spiccano i caratteristici frutti d’un rosso intenso ed il Tasso (Taxus baccata) o albero della morte, velenoso in tutte le sue parti fuorchè nell’arillo del seme.

Altre entità hanno trovato, per sfuggire a condizioni climatiche non più cofacenti, estremo rifugio nelle cime più elevate del Gennargentu o del Limbara oppure in canaloni umidi montani.
La Rosa di montagna (Peonia mascula), il Ribes sardo (Ribes sandalioticus), la Digitale (Digitalis purpurea) e la Genziana maggiore (Gentiana lutea) sono soltanto alcuni esempi.

La flora della Sardegna è ancora, come già detto, di enorme importanza sia dal punto di vista fitogeografico che sistematico.
In quest’ottica appaiono di interesse rilevante le specie esclusive della nostra isola.
Sono per la massima parte individui poco appariscenti, ed è per questo che forse si sono salvati: hanno spesso dei nomi che ricordano l’ambiente in cui sono stati rinvenuti.
Tra queste ricordiamo: Centaurea horrida, Aristolochia tyrrhena, Oenanthe lisae, Galium schmidii, Rumex soffocatus, Hieracium zizianum, Euphrasia genargentea, Festuca morisiana, Aquilegia nugorensis, Armeria sardoa, Santolina insularis, Viola corsica, Silene colorata, Psoralea morisiana, Helicrysum montelinasanum e Glechoma sardoa.

Questo non è che un piccolo assaggio del nostro patrimonio vegetale che ancora, nonostante le colossali mutilazioni dovute ai tagli ed agli incendi, conserva sempre la sua peculiarità ed il suo fascino indimenticabile.

Articolo di Bruno De Martis

” order_by=”sortorder” order_direction=”ASC” returns=”included” maximum_entity_count=”500″]