Tanti anni fa ho avuto un incidente in auto, niente di grave, solo un fortissimo spavento.
Ma l’antica saggezza popolare sarda è ben consapevole che di spavento ci si può ammalare, e nei casi gravi, addirittura morire.
Nel mio paese si raccontava del cugino del vicino del tale che aveva visto un morto impiccato e non si era più ripreso, lasciandosi deperire.
Così mi portarono da una zia del mio fidanzato di allora per farmi “sa mexina de s’umbra”, la terapia contro lo spavento, s’azzichidu.
Era una signora che mi aveva sempre messo soggezione.
La ricordo seduta nel cortile nelle sere d’estate, che, al minimo rumore misterioso, parlava ai cespugli minacciando le anime dei vivi (magari nascoste a fare qualche scherzo) a farsi vedere, e le anime dei morti a lasciarla in pace.
Le sue parole mi facevano venire i brividi.
Eppure eccomi lì, sola con lei in una stanza di una casa fatiscente. Complice lo stato di shock, ero lì a partecipare a una strana terapia di cui non avevo mai sentito parlare nel mio paese. Da noi al massimo c’era la vicina di casa, la buonanima di zia Rosa, che faceva sa mejina de s’ogu pigau quando da piccoli ci veniva la febbre alta, che -dopo la medicina- passava sempre, puntualissima.
Soprattutto c’era l’acqua benedetta, portata da Lourdes nelle bottigliette di plastica a forma di Madoninna e conservata meticolosamente nella credenza vecchia insieme alle zuppiere del corredo. L’acqua benedetta era panacea per tanti malesseri.
L’anziana signora aveva preparato il braciere, sa cuppa, bruciandoci erbe e palme, e una piccola ciocca dei miei capelli, che una sua più giovane assistente mi aveva strappato senza troppe cerimonie. Ciò che era necessario fare, era necessario.
L’odore pungente che proveniva dal braciere quasi non mi faceva respirare. Mi aveva incitato a saltarci sopra tre volte, rigorosamente a piedi uniti, mentre lei a fior di labbra recitava le sue parole. Sentivo i suoi occhi fissi su di me. Non potevo lasciare il rito a metà, non era previsto. Il cuore mi batteva forte e avevo paura di aggiungere allo spavento altro spavento.
Potevo solo andare avanti.
Per compiere il rito bisognava poi che sputassi dentro il [easyazon_link identifier=”B01GZ2QICK” locale=”IT” nw=”y” tag=”contanti-21″]braciere[/easyazon_link] tre volte, mi aveva spiegato che così facendo avrei fatto le pernacchie allo spavento e io sputai. Ad ogni sputo il fumo si faceva sempre più intenso, mi bruciava gli occhi e mi tappava il naso. Lei imperterrita continuava a recitare a fior di labbra le sue parole segrete, velocissima. Fino a quando il movimento convulso delle labbra si fermò e io tirai un sospiro di sollievo.
Il fumo si era portato via la mia ombra e lo spavento era passato.