I morti non fanno niente, piangono e si lamentano. Chi vede le processioni dei morti racconta che questi, composti, si recano uno dietro l’altro cantando o in silenzio, verso la casa dove morirà qualcuno.
Una volta arrivati entrano tutti dentro o si fermano sulla soglia ed entra solo uno o due di loro, dopo di che se ne vanno. Qualche volta tengono nelle mani delle candele accese e spesso sono accompagnati da cani neri che a grandi falcate li precedono. L’arrivo della processione dei morti è preceduta da alcuni fenomeni naturali come: il soffio del vento che produce un sibilo, ululati dei cani, pioggerella.
Quando una bidemortos sta per spirare tutti gli spiriti che lei ha visto durante la sua vita vengono a prenderla, così si udirà improvvisamente soffiare il vento e i cani inizieranno a ululare. Quando tutto sarà finito scenderà un silenzio sacro sulle cose e sulle persone.
La processione dei morti era un fatto risaputo e normale, com’è normale nelle credenze sarde che l’anima, tre mesi prima di morire, senta nel profondo che il tempo di permanenza sulla terra è finito. Nel breve arco di tempo in cui si vaga tra il mondo dell’aldilà e il mondo dei vivi, capita che qualcuno veda l’anima della persona al ballo dei morti e capisca da questo che il tempo è arrivato. Per vedere i morti, tante volte, basta sovraporre il proprio piede al piede della persona che li vede. Qualcuno a Tertenia dice che ses i sente un cane ululare, anche di giorno, vuol dire che vede la processione dei morti: a questo punto basterebbe posare il piede sulla zampa del cane per vederli a nostra volta.
Vi sono luoghi che servono per i congressi delle anime, tutti li conoscono e li rispettano con un timore riverenziale. Dolores Turchi riporta i racconti di tzia Nennedda, una bidemortos, tra i quali vi è proprio il ricordo di un luogo presso la contrada di Bitti chiamato S’annossata (l’annunziata).In quel luogo numerose famiglie si recavano al santuario per assistere alla novena, ma la caratteristica del posto era che vi si recavano le anime dei morti. Si partiva di notte ,senza scarpe e con i capelli sciolti.Qualcuno vedeva le anime arrivare in processione verso la chiesa, presso la quale si trovavano tre teschi che venivano posti ogni sera lungo il passaggio. La cerimonia avveniva a lume di candela e i crani avevano il compito di ricordare che tutti dobbiamo morire. I Sardi,d’altronde, usavano spesso ossa per curarsi o farne amuleti, così come non temevano i cimiteri per ballare o prelevare teste di morto per il rito della pioggia. Si attingeva dall’ossario per ricavarne portafortuna da appendere al collo contro l’epilessia.
Tzia Marghera (Magherita) mi raccontava che un giorno sognò di camminare nella discesa che da casa sua andava verso il paese, quando d’un tratto vide salire la processione dei morti; lì notò il figlio di una sua vicina, un ragazzo di vent’anni. Allora lei si avvicinò e chiese :” Che fai alla processione dei morti? Io ti ho visto oggi che portavi una fascina e stavi bene“. Il ragazzo la guardò e disse “Da tre mesi il mio spirito oramai èalla processione dei morti, l’anima entra in contatto con loro tre mesi prima che il corpo muoia e và e viene tra l’aldilà e la terra, il mio tempo è finito, morirò in breve“.
Dopo una settimana il ragazzo cadde da cavallo e morì. La morte è per i Sardi un evento da temere ma al quale nessuno può scampare; i cimiteri diventano luoghi di morte ma anche di vita, dove ci si recava per seppellire i morti e fare feste. Nella chiesa di San Michele, nel settembre del 1592 :” La vigilia della festa vi si recano molti uomini e donne a vegliare tutta la notte e nel cimitero della chiesa ballano tutta la notte e la mattina del giorno dopo fino all’ora della messa.”
Non recava più meraviglia, tanto era consuetudine, trovare ossa di morti sparse dentro qualche ambiente della chiesa o conservate in cassette. I colombai furono in vigore fino al dopoguerra e ne 1858 ancora si denunciava l’incuria dei cimiteri. A Tertenia non esisteva un cimitero vero e proprio “il camposanto non è ancora formato e i cadaveri si seppelliscono in un terreno chiuso, che resta nel mezzo dell’abitato. Le fosse essendo poco profonde, si intende bene che spesso si sentirà la puzza della corruzione: questa si sopporta e non si rimedia“.
La qual cosa doveva essere del tutto normale se la stessa Deledda, ancora nel 1913, descrivendo la casa delle dame Pintor col cancello attiguo a quello del cimitero dice: “L’antico cimitero coperto d’erba in mezzo al cui verde biancheggiano come margherite le ossa dei morti; e in fondo la collina con le rovina del castello“.
E le stesse ossa dei morti oltre che per amuleti servivano anche per invocare gli stessi, mescolando sacro e profano senza per questo si vederne inconciliabilità.
(dal libro “Stregoneria in Sardegna-processione dei morti e riti funebri”)