La “Musca Maccedda” (Maghedda e Mahkedda in logudorese e nuorese) dovrebbe significare “la mosca che macella”, ossia macellaia.
Si tratta di una leggenda diffusa in tutta la Sardegna con varianti relative sopratutto alle dimensioni e all’aspetto.
Alcuni dicono che ha le apparenze e le dimensioni di un tafano, altri dicono che si tratta di una mosca dalle proporzioni enormi (grande come la testa di un bue) generalmente fornita di un pungiglione velenosissimo, di ali potenti, il cui ronzio viene sentito per alcuni chilometri.
La minaccia della Mosca Macedda è subdola, spesso si nasconde in un tesoro, della quale si fa custode, in attesa di qualcuno che la risvegli. Spesso mosca e tesoro sono nascosti in due contenitori diversi, così da dare una possibilità di sopravvivenza al ricercatore di tesori. Si dice anche che i terribili insetti custodiscano i tesori delle Janas, intente a filare sui loro telai d’oro.
Per difendersi dalle mosche macellaie una volta ad Iglesias un frate suonò una musica formado con l’aiuto della popolazione un cerchio magico. Grazie a questo riuscì catturarne un intero sciame, sistemando le mosche in sette botti, che ancora oggi sono nascoste sotto il castello.
Nessuno allora si prese la briga di segnare le note suonate da frate.
Probabilmente la leggenda nasce dalla zanzara anofele, importata in Sardegna dai romani, che con il suo pizzico trasmette la malaria.