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La vendetta degli invisibili della montagna di Sasso

La vendetta degli invisibili della montagna di Sasso

Negli anni, grazie alle pagine di Contus Antigus, ho avuto modo di conoscere diverse persone, alcune “dal vivo” e altre solo virtualmente. Alcune hanno condiviso con i lettori di contusu i loro racconti, altre hanno scritto dei libri relativi al mondo fantastico e magico della Sardegna, libri che mi ha fatto molto piacere contribuire nel mio piccolo a divulgare, anche tramite la pagina facebook. 
E’ proprio in questo modo che ho conosciuto Ignazia Vargiu, scoprendo che ha scritto un libro in cui racconta le vicende di Salvatore un umile pastore che spesso affronta i personaggi fantastici della tradizione sarda.

Di seguito una breve descrizione del libro

Ignazia Vargiu vive con grande amore e passione il complesso mondo della narrazione e, attraverso autentici sentimenti e forti emozioni, affronta l’universo dello scrivere. Elabora e compone il suo particolare e articolato romanzo. Viaggia dentro il suo Libro dal particolare titolo «La vendetta degli invisibili della montagna di Sasso».
Dalla sua «penna» sgorgano ininterrottamente, come da una inesauribile «fontana», parole e frasi. Narra e compone circostanze di vita agropastorale, quelle vissute dai nostri progenitori nelle nostre arcaiche campagne sarde. Ambienti e fatti, quindi, avvenimenti e interazioni umane che fanno parte dei ricordi della nostra umile quotidianità paesana. Storie tra semplici e umili personaggi che affrontano, tra il bene e il male, la loro esistenza dentro quei «profumati» sentieri di una selvaggia e antica, quanto straordinaria Sardegna.

Ecco un breve passo del libro. Buona lettura.

“Dopo aver spento la sigaretta, Salvatore consumò la solita cena: un tozzo di pane e qualche fetta di formaggio. Infine prima di andare a dormire, si accertò che Fortunato fosse al sicuro con la madre. Alla pecora, tutta intenta a ripulire con amore l’agnellino, portò un bel ramo fresco d’olivastro.

Il pastore, soddisfatto per aver svolto bene il proprio dovere, si tolse le scarpe di cuoio e si adagiò sulla stuoia.
Rimase ore a programmare la giornata dell’indomani, era così stanco che senza accorgersi si addormentò con il quaderno stretto tra le mani.
Alzati, mi fai male!
Salvatore non riusciva a svegliarsi, avrebbe voluto ma qualcosa di strano lo teneva bloccato e afono. La voce strana e arrabbiata continuò gridare:
Alzati, pastore, Ahiò! Sei pesante!

Calci, pugni, sputi e insulti colpirono Salvatore che finalmente riuscì a svegliarsi. Incredulo prese a sfregarsi gli occhi, cercava la persona che lo aveva colpito ma non vide anima viva. Provò ad alzarsi e notò dei lividi sui fianchi, passò le dita sopra le labbra dolenti e vide del sangue, allora in preda alla confusione e alla disperazione urlò mentre la montagna gli faceva l’eco:
Chi sei’? Vieni fuori, vigliacco! Volevi ammazzarmi?
Girando su sé stesso come in preda alla follia ripeteva furioso:
Chi sei? Fatti vedere se ne hai coraggio!

In preda alla disperazione pensò a lungo a chi poteva volergli tanto male e perché la sua vita era un continuo saliscendi di attimi felici e di profonde amarezze. Qual’era il messaggio dell’Universo? Voleva forse dirgli di vivere l’attimo, lasciando il passato alle spalle e il futuro al domani?
Chi sei? Mostrami la tua faccia! – chiese ancora invano.

Sentiva dolore persino a respirare, per avere sollievo si teneva con le mani le parti dolenti. Pensò di andare in cerca d’aiuto ma scansò l’ipotesi: avrebbe spaventato la madre e lasciato il gregge incustodito esponendolo
ai ladri e alle volpi.
Allora si accasciò sulla stuoia imprecando contro la montagna di Sasso, i suoi segreti e le paure che era capace di scatenare.
Prese a fumare una sigaretta dietro l’altra e per calmarsi tentò invano di ricordare tutte le sensazioni che gli aveva dato il breve incontro con quella bellissima ragazza ma dovette prendere atto che ogni emozione è unica e cambia ogni volta che si cerca di riportarla al presente.
Dannazione! avrei dovuto scrivere subito e rendere tutto indelebile.

Le palpebre si chiusero, la stanchezza ebbe il sopravvento e si addormentò. Quando, poco dopo, udì nuovamente la voce cupa e rauca squarciare il silenzio della notte, che gli ordinava d’alzarsi perché troppo
pesante. Salvatore con lo sguardo perso si mise a sedere ed urlò:
Dove sei? Esci allo scoperto!
Ma ricevette ancora calci e pugni finché cadde sfinito, allora la voce spaventosa gli diede una risposta agghiacciante:
Non puoi vedermi perché sono morto, ucciso come un cane e sotterrato dove dormi tu!

Il pastore non voleva sentire più e tappandosi le orecchie supplicò:
Dio, aiutami! Fa’ che non sia vero. – e vomitò.
Poi ruzzolò giù dai pendii pregando per quell’anima in pena.
Sentì il cuore mancargli e la ragione abbandonarlo.”

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