Nell’ultimo ventennio del XIX secolo si verificarono i primi scioperi nelle miniere sarde, a seguito della presa di coscienza da parte degli operai della loro condizione lavorativa.
Il primo sciopero risale al 1880 presso la miniera di Monteponi, causato dall’adozione del sistema dei cottimi, che prevedeva una retribuzione proporzionale alla quantità di prodotto lavorato.
Nel 1903-1904, gli scioperi di Montevecchio portarono all’abolizione dei cottimi, alla garanzia di un salario minimo giornaliero fisso, alla riduzione della giornata lavorativa a otto ore e alla distribuzione gratuita dell’olio per l’illuminazione durante il lavoro.
Nonostante ciò, dopo dieci giorni di lotta, diciotto operai vennero arrestati e il rientro al lavoro fu subordinato a precise garanzie.
L’eccidio di Buggerru nel 1904 segnò in modo significativo la vita mineraria sarda.
Nel clima di tensione che colpì i centri agricoli e minerari di tutto il Cagliaritano, anche Villasalto e Nebida furono coinvolti.
Le rivendicazioni operaie in Sardegna riguardavano l’instabilità del lavoro dovuta alle crisi cicliche dei mercati, i salari bassi, le difficili condizioni di vita, l’aumento dei prezzi delle materie prime e i duri sistemi di lavoro.
Il movimento operaio si rafforzò negli anni ’20 del Novecento e spesso vennero messe in atto vertenze sindacali per risolvere le dispute tra padronato e minatori.
Tuttavia, i diritti conquistati vennero persi tra le due guerre, quando gli operai furono arruolati e alcune produzioni minerarie vennero ridotte o interrotte, causando disoccupazione, mentre altre, necessarie a sostenere i conflitti bellici, furono aumentate a scapito dei pochi lavoratori rimasti, che dovettero intraprendere doppi turni pregiudicando la loro salute.
Nel secondo dopoguerra, i minatori intrapresero nuove proteste dovute alla scarsa disponibilità di generi alimentari, ai bassi salari e allo sfruttamento sul lavoro.
La situazione si sbloccò negli anni ’50 del Novecento, quando alla lotta dei minatori si aggiunse quella contadina e la rinascita economica e sociale dell’Isola determinò non solo una partecipazione attiva degli operai nelle scelte amministrative, ma la nascita di una nuova coscienza politica.
Nei decenni successivi, gli scioperi e le rivendicazioni operaie proseguirono a fasi alterne, fino alla definitiva chiusura, negli anni ’90, di tutte le realtà minerarie isolane.
Il 27 maggio del 1906 fu un giorno tragico per gli abitanti di Villasalto
Una rivolta popolare sostenuta da operai, contadini e pastori fu repressa con la violenza, causando la morte di cinque persone e numerosi feriti.
Questo episodio rappresenta il momento più drammatico dei moti sardi del 1906. In quell’anno, insurrezioni popolari contro il carovita si verificarono in tutta la Sardegna.
Le prime ribellioni esplosero a Cagliari, dove alcuni manifestanti furono uccisi durante gli scioperi.
I moti popolari si estesero poi dal capoluogo a tutta l’isola, dalle campagne del Campidano alle zone minerarie del Sulcis-Iglesiente, dal Sarrabus-Gerrei al Nuorese, al Logudoro e alla Gallura.
Gli eventi più significativi si verificarono a Gonnesa, a Nebida, a Muravera, a San Vito, a Villasimius e a Macomer, ma i più gravi si verificarono a Bonorva e a Villasalto.
Ovunque si protestava contro la crescente povertà, l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità, le condizioni precarie di sicurezza sul lavoro, le tasse e l’immobilismo delle amministrazioni comunali.
Il malcontento colpiva tutti i ceti sociali, dalle città alle campagne, dagli operai delle miniere ai contadini e ai pastori, ma anche agli impiegati e ai commercianti.
A Villasalto, la sera del 27 maggio, dopo i balli della domenica, più di 250 persone si radunarono in Piazza Forreddu.
La Forza Pubblica tentò invano di disperdere la folla e fu in quel momento che i Carabinieri aprirono il fuoco.
Cinque persone persero la vita, di cui quattro colpite alle spalle e una al fianco.
Molti furono i feriti.
Il 27-28 Maggio 2023 si terrà La Nuragika 4.0 in cui durante la Giornata nazionale delle Miniere, ricorderemo tutti coloro che hanno lavorato in miniera.