Fin da piccolo una delle cose che mi emozionavano maggiormente erano i Nuraghi, queste immense torri di pietra regalateci dai nostri avi e capaci di elevarsi fino al cielo. Percepivo i Nuraghi come dei luoghi incantati, permeati di magia e avvolti da un alone di enigmatici e misteriosi segreti. Chi viveva in questi luoghi? Cosa facevano, come vivevano e com’era la Sardegna in quell’epoca? Queste e tante altre domande mi rimbombavano nella testa ogni volta che avevo davanti un Nuraghe, alimentando quella feroce passione per la cultura nuragica, per la cultura dei nostri antenati.
Questa passione veniva costantemente alimentata dalle continue visite ai nuraghi ed alle domus de janas che arricchiscono il panorama di Orroli il paese dei miei genitori e di cui per cultura mi sento di far parte. La sorte ha poi voluto che uno dei miei zii, quando iniziò la campagna di scavo al Nuraghe Arrubiu nei primi anni ottanta, divenisse custode del sito. Capitò di passare qualche notte nella capanna del custode, costruita a forma di pinnetta, proprio ai piedi di quel gigante di pietra, e le emozioni erano fortissime.
Il primo seme del libro fu posato una di quelle notti, al chiaro di Luna. Avevo più o meno 15 anni.
Il seme non attecchì subito, rimanendo inerte per oltre 20 anni, fino a quando 4 anni fa decisi di riprendere in mano quel seme e farlo germogliare definitivamente.
Un grandissimo scrittore come Emilio Salgari diceva che “scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli”. Scrivere mi ha permesso di viaggiare e di tornare indietro nel tempo, insieme ai due protagonisti del romanzo, due uomini contemporanei, due uomini come noi, che grazie ad un rito vecchio come il mondo arriveranno al tempo della civiltà Nuragica, ritrovandosi nel mondo dei nostri avi, sentendone gli odori e accarezzando con la loro pelle lo scorrere millenario della storia.
Inizialmente pensavo di realizzare un romanzo storico poi la passione per il fantasy ha preso il sopravvento e così ho deciso di attingere a piene mani a quel mondo di fiabe e leggende che la tradizione sarda ci ha regalato. Ho aperto il sacco stracolmo di racconti e di narrazioni ed è nata la storia.
Il libro può quindi essere considerato come un romanzo archeo-fantasy, ambientato in Sardegna nel periodo della civiltà nuragica. Qualcuno particolarmente ispirato lo ha definito un “Fantasy Nuragico” e la definizione gli si incolla alla perfezione. L’isola dei Nur è un romanzo in cui archeologia, storia e mitologia si intrecciano tra loro a creare una piacevole e gustosa alchimia.
Vi è una connotazione storica ben precisa, un contesto storico ben delineato che è il 525 a.C., corrispondente ad un avvenimento realmente accaduto, ovvero l’arrivo nella nostra isola di un imponente esercito cartaginese, pronto alla sua conquista ed alla sottomissione delle genti nuragiche. Ma dopo lo scontro tra i due popoli, nulla sarà come prima…
A questo contesto storico reale, seppur con qualche licenza non me ne vogliano gli storici puri, ho aggiunto non elfi o nani, come nella usanza fantasy, ma le leggende che popolano la nostra tradizione rivisitate secondo la mia immaginazione, in una cornice storica in cui la civiltà nuragica è ancora padrona incontrastata della nostra bella isola di pietra. Troviamo le janas le nostre fate, s’erkitu il possente minotauro sardo, s’ammutadori il demone del sonno, poi brujas, caddos birdes e tanti altri.
Il nuraghe Arrubiu fa da scenario principe a questa avventura e le sue possenti mura, così vive, calde e forti, vi emozioneranno, così come le maestose pietre di altri monumenti nuragici, e quanto tornerete ad ammirarle e visiterete i luoghi in cui è ambientata la storia, guarderete tutto con occhi diversi. A me è successo. Spero possa succedere lo stesso a chi di voi leggerà il libro e ricordatevi: nulla sarà uguale a prima…
L’isola dei Nur. Un viaggio indietro nel tempo di 3000 anni, alla ricerca dei nostri antenati nuragici e delle radici della nostra anima.
Il popolo nuragico è stato capace di creare una grande nazione e solo lo strapotere dei vincitori ne ha cancellato la storia. Cerchiamo noi sardi perlomeno di non cancellarne il ricordo facendolo riaffiorare con prepotenza, insieme a tutti i siti archeologici che aspettano silenziosi sotto i nostri piedi…
Andrea Pala.