All’interno di Contusu, la maggior parte dei contenuti riguardano la zona del Campidano, nella quale viviamo. Speriamo di poter inserire sempre più contenuti relativi a tutte le aree della Sardegna. Gli amici del sito www.labeltula.it ci hanno concesso al possibilità di pubblicare alcuni interessantissimi articoli relativi alla Gallura. Vi proponiamo il primo articolo relativo ad un argomento già trattato su Contusu, conosciuto in Campidano come “S’ogu pigau“…
Ma comu si faci lu colpu di l’occhji? Nicolino Cucciari nel suo “Magia e superstizione tra i pastori della Bassa Gallura” ce lo descrive così: “Prima fare il segno di croce, poi, prendere una scodella o un piatto colmo di acqua, fare su questa una croce con la mano destra e poi posarla su una qualsiasi parte del corpo di chi è stato colpito dal malocchio; infine, mentre si dà inizio alla recita di li parauli, lasciar cadere nell’acqua, tre grani di sale e tre gocce d’olio d’oliva dopo aver fatto sul sale e sull’olio, sempre con la mano destra, un segno di croce. Se le tre gocce restano separate e ridotte, cioè senza spandersi o unirsi, il male non è causato dal malocchio; al contrario se si spandono anche restando separate (sfattu) oppure si uniscono, il malocchio c’è ed allora si recita:
Ghjiésù Cristu Nazarè,
cantu beddhu mi parè,
cantu beddhu mi paristi,
candu a lu mundu inisti,
cu una candéla lucendi,
e un agnulu in paradisu.
Santu Silvestru médicu lestru;
Santu Damianu medicu sanu;
Santu Pantalléu
è ca middhurési a Déu;
cussì middhória
ca pongu li mani éu.
Scrive ancora il Cucciari: Se qualcuno recita li parauli ad un paziente per alcuni giorni di seguito, nell’intervallo di tempo tra la prima e l’ultima recita, non deve, nella maniera più assoluta, recitarle ad altro paziente.
Se non si attiene al divieto, perderanno ogni efficacia per tutti.
Quando si recitano li parauli ad una persona che ha un forte malessere non per il malocchio, ma in seguito ad uno spavento per aver incontrato i morti o il demonio, chi fa la recita e non il paziente, si sentirà addosso tanto freddo da essere costretto a letto per diversi giorni.
Se dopo la prima, seconda o terza recita, le gocce non restano separate e ridotte, ma allargate, è necessario rivolgersi ad altra persona, cambià mani, oppure se si ha fiducia nella stessa persona, questa farà la recita il giorno dopo e fintanto che l’ ociu no torra; se questo non avviene si possono prendere dal focolare tre carboni ardenti, e, dopo aver fatto sugli stessi con la mano destra una croce, si da il nome di una persona che si presume sia quella che ha colpito con il malocchio, si buttano nella scodella che contiene l’acqua e si recita per tre volte:
Santu Damianu médicu sanu;
Santu Silvestru médicu lestru;
Santu Pantalléu
ha midicatu a Déu;
Cussì middhória
ca pongu li mani éu.
Mentre gli altri due carboni, durante la recita, resteranno a galla, quello al quale è stato dato il nome che ha lanciato il maleficio, andrà a fondo.
Se durante la prima, seconda o terza recita, o durante la recita con i carboni accesi, le gocce riprenderanno la forma solita, si dice l’óciu è turratu.
Se non si riesce a vincere il malocchio cu li parauli si ricorre allora a “li 12 parauli” dette anche “li parauli di Santu Maltinu” e l’olio senz’altro si normalizzerà.
Per recitare li parauli contro il malocchio non è necessaria la presenza dell’interessato, è sufficiente che chi fa la cerimonia dell’imposizione delle mani, abbia una ciocca di capelli, o di un indumento personale del colpito.
I capelli, dopo aver fatto l’óciu, si restituiscono all’ammalato che deve tenerli addosso per almeno tre ore, poi deve bruciarli, mentre l’indumento personale deve essere indossato per almeno una notte.
L’olio non si normalizzerà e il malocchio non scompare se chi recita li parauli, inavvertitamente, dovesse sbagliare o passare al recchieme tenna (requiem aeternam).
Ciò significa che il paziente è di moltu, morirà subito a causa del malocchio perchè l’óciu è stato fatto con ritardo. Infine non si deve mai buttare l’acqua col sale e l’olio in un punto dove può essere calpestata, ma si deve buttare in mezzo ad un cespuglio o in una pelchjia (un anfratto), un luogo, insomma, che non sia trafficato da persone o animali.
A volte alla persona colpita si fa bere, a piccoli sorsi, l’acqua con la quale è stato fatto l’óciu e nella quale sono stati lasciati cadere i carboni. Subito l’olio si normalizza: questo sistema si chiama fa turrà l’óciu cu lu fócu.
Il Cucciari ricorda ancora che prima della cerimonia si deve sempre fare un segno di croce con la mano destra sia sull’acqua contenuta nella scodella o nel piatto, sia sul sale, sull’olio, sui carboni ardenti, o su qualsiasi altro elemento usato anche in altri tipi di parauli per annullare il malocchio. Segnarsi, poi attingere l’olio col dito da un cucchiaino. Il rituale è come il precedente:
Santu Gosimu
e Santu Dumianu
unu medicu
e l’altu solgianu;
Santu Silvestru etc.
oppure:
Santu Petru e Ghjesù Cristu
si fesini cumpagnia.
Santu Petru li dicia:
Magistru palchì no piddhi
lu mali di chistu
pal mezu di la ‘iglini Maria?
Si li mani no li pongu bè éu,
ti li ponghia bè Déu.
Dómine Patri.
Se invece qualcuno è stato colpito da una maìa, (bambolina irta di spilli, conficcati in parti vitali, alla quale si da il nome della persona che si vuol colpire col maleficio) semprechè il pupazzetto con gli spilli non sia stato bruciato o buttato in mare, chi impone le mani ricorre a questa formula
Pa scuncià la maìa:
Féli e invidia cosa fai
chi pulpa e ossu vói chilivrà?
Anda a l’azza di lu mari
e sulivrigghjia chi sali
e chistu lassalu sta.
Maria cu la Trinitai
ti ponghia li mani.
Santu Gosimu
e Santu Dumianu
unu médicu
e l’altu sulgianu;
Santu Silvestru médicu lestru
Santu Pantalléu
midichési a Déu.
Cussì midichigghjia
e middhória
ca pongu li mani éu.
Ecco l’imposizione delle mani descritto in “Ci credono tutti…” di Luigi Cecchini e Franco Fresi:
La donna inizia facendo il segno della croce. Prende poi un piatto con dell’acqua e lo mette sulla testa del paziente, oppure sopra una ciocca tagliata dai suoi capelli. Per tre volte getta nell’acqua un grano di sale ripetendo:
Eu ti pongu li mani in onóri e gloria di Déu,
in suffragghjiu di
l’ animi di lu Pulgatóriu;
pà fà bè è chi ti pongu
li mani éu.
Cristu Beddhu è andatu
cu’ un bóiu smisuratu
suttu rigóri malignu,
Paradignu d’occhji
di la Santa Trinitai. Ammè.
Fatto questo intinge più volte un dito in un vasetto di olio d’oliva, lasciando cadere delle gocce nell’acqua del piatto dicendo:
Ghjiesu Cristu Nazzarè etc.
A questo punto si attende un pò e si recitano per le anime del purgatorio tre Ave Maria, sei Requiem Aeternam e si fa per sei volte un segno di croce toccando quattro punti esterni del piatto, a croce. Infine la donna guarda l’olio: se si è riunito in una sola chiazza l’influsso maligno è stato vinto e il rito è finito.
Se invece l’olio è rimasto sparso in tante goccioline il malocchio perdura. In questo caso il rito continua.
La donna prende allora un pezzo di carta, lo attorciglia e lo accende, quindi avvicina la carta accesa all’acqua del piatto, ve lo immerge e ripete il rito fino alla buona riuscita dello scongiuro. In caso contrario la donna esclama “E’ troppu presu”.
Il rito deve essere ripetuto in un altro giorno oppure se la donna esperta dichiara la sua impotenza dicendo Chici nò c’ ha fattu meu (non è cosa per me), si ricorre ad un’ altra persona.
Articolo di Mario Pirrigheddu
Tratto da http://www.labeltula.it