Antonio Gramsci, il famoso pensatore e leader comunista, aveva un fratello, Mario, di 2 anni più piccolo.
Vale la pena di ricordarlo perchè ebbe una vita decisamente contrapposta a quella di Antonio.
Mario decise, senza mai un ripensamento, di vestire la camicia nera del Partito Nazionale Fascista.
Nato a Sorgono nel 1893, nel dicembre 1911 si arruolò nel Regio Esercito e prese parte alla Grande Guerra. Anche nel dopoguerra continuò la sua carriera militare, fino a giungere ad ottenere i gradi di sottotenente.
Mario era uomo d’azione e aderì al fascismo della prima ora nonostante i tentativi del fratello maggiore di convincerlo ad abbandonare i suoi ideali.
Anche i compagni comunisti provarono con le bastonate a fargli cambiare idea, riducendolo in fin di vita.
Per ragioni logistiche viveva ormai a Varese dove sposò Anna Maffei Parravicini, giovane nobile lombarda che in un’intervista del 1975, Anna parla così del cognato Antonio.
“Mario voleva farmi conoscere suo fratello, per il quale ha sempre avuto un grande affetto e, nonostante le divergenze, una grande ammirazione. Nino era molto impegnato nella sua attività di organizzatore politico, poi nel 1921 trovò il tempo di venire a Varese… ci rimase una ventina di giorni.”
Antonio nel 1927 scrisse dalla prigione una lettera alla madre, esprimendo il desiderio di ringraziare Mario per l’interessamento che aveva avuto in relazione alle sue condizioni di salute. Mario fece qualcosa di più: con altri socialisti convertitisi al fascismo, premette con il regime affinché l’intellettuale comunista potesse avere le migliori cure e potesse ottenere una prigionia meno pesante. Ad Antonio Gramsci venne riconosciuta una sorta di libertà condizionata che gli permetteva una maggiore libertà e il pagamento delle cure presso una famosa struttura privata.
Anche una delle tre sorelle, Teresina. insegnante elementare, segretaria femminile del fascio di Ghilarza, il grosso centro allora in provincia di Cagliari, ebbe un ruolo importante, scrivendo anche lei a Mussolini, per alleviare e ridurre la prigionia del fratello.
Fu il primo segretario federale del PNF di Varese, e dopo lasciato tale incarico si dedicò al commercio sino al 1935. Allo scoppio della Ii Guerra Mondiale decise di partire volontario per la guerra d’Abissinia e combatté in Libia, nel 4° Reggimento “Libico”, col grado di capitano. Dopo l’8 Settembre ’43, giorno dell’armistizio in cui i vertici delle forze armate e i savoia fuggirono al sud Italia già invaso dagli alleati, Mario Gramsci, invece di gettare la sua divisa come fecero molti suoi coetanei, continuò a combattere aderendo alla Repubblica Sociale Italiana.
Fatto prigioniero dagli inglesi e torturato per fargli abiurare la sua fede fascista.
Venne internato in Egitto come prigioniero di guerra e quindi deportato in un campo di concentramento in Australia dove le durissime condizioni di detenzione riservate ai militari fascisti non renitenti, cominciarono a minare la sua salute.
Rientrato in Patria nel settembre 1945 moriva due mesi dopo, a novembre, a soli 52 anni, in un ospedale di terz’ordine attorniato solo dall’affetto dei suoi cari.
Dopo la morte, fu condannato alla damnatio memoriae con la distruzione di tutte le sue lettere e i suoi documenti, relegandolo ai margini della storia
Negli ultimi decenni è emersa la verità sulla controversa figura di Mario Gramsci, soprattutto all’estero, dove il pensiero gramsciano è studiato approfonditamente.
Ecco infatti che il bibliografo di studi filosofici e politici gramsciani, John Cammett, scriveva nel 1997 in un articoletto dell’ “International Gramsci Society Newsletter”, dal titolo: “Antonio’s other brother”.
Cammett aveva definito “tragico” il senso della vita del fratello poco più giovane di Antonio e parla di lui come un “volontario entusiasta” di tutte le guerre cui prese parte. Adolescente di carattere espansivo, amichevole, ma anche irrequieto e chiassoso, si palesava come agli antipodi del minuto Antonio che, come dalle cronache, era pacato e solitario.
Eppure l’amore fraterno ha sempre albergato fra i due, al di là di ogni divisione ideologica.