Le fate a Mores
Le fate erano donnine piccole e belle e abitavano nel monte di Lachesos.
Dalla montagna si recavano a Mores in occasione di feste.
Un giorno una giovine fata stava a danzare nella piazza di Contra, quando un imprudente ballerino osò toccarle i bottoni d’oro del corsetto.
La madre della fata, che stava sulla montagna, gridò :
— Aostina Aostina — oltadi olta e gira — giradi gira e bolta — chi sos buttones ti toccan — sos de su mundu malu.
La fatina udì la voce e si allontanò indignata.
Da quel giorno le fate non vennero più a Mores.
Le fate e il porcaro
Una volta un porcaro entrò in una spelonca e vide alcune persone che si scaldavano attorno al fuoco. E disse loro :
— Mi permettete d’entrare?
— Vieni pure dentro — gli fu risposto — e scaldati.
Una donna intanto prese una focaccia, l’involse in un pannolino, e la mise tra le bragie. Il porcaro meravigliato esclamò:
— Ma non si brucerà?
— Fuori di qua, fuori di qua, gente del falso mondo — gridarono in coro le fate e lo spinsero fuori difatti.
La fata e la bambina
Un giorno due fate cangiate in cagnolini (prendean spesso la forma di graziosi animali) stavansene presso una fontana, quando vennevi a dissetarsi una bambina.
Una delle fate disse alla piccina:
— Mi dai un pezzetto della focaccia che porti ?
E la bambina glielo dette.
Disse l’altra fata: Vogliamo fatarla?
— Volentieri — rispose la prima, e disse : — Io la fato, fata e ventura, che sia la più bella del mondo.
E l’altra:
— Io la fato, fato e ventura, che quando si pettina, scendale oro dai capelli.
E così fu.
La bambina tornossene a casa e disse alla madre che la pettinasse.
Nel pettinarla, le scendean monete d’oro dai capelli, e tante da riempirne un enorme canestro.
Roma, aprile 1894.
G.Calvia Secchi