Tra le numerose “Paristorias” raccolte durante gli anni di ricerca quella che vi sto presentando, gentili amici, colpì la mia attenzione per l’esistenza di alcuni dettagli importanti per l’approccio a carattere antropologico.
Si racconta che tanto tempo fa un giovane contadino di Cuglieri, tale Pedru di bell’aspetto e onesta fama, si determinasse a metter su famiglia e cercare moglie, secondo le consuetudini in voga ai tempi.
Il destino però non sembrava voler favorire le intenzioni del giovane, poichè appena sposato, la prima notte di nozze, la moglie moriva a fianco a lui.
Una, due, tre volte e i genitori iniziarono a diffidare dal voler proporre le proprie figlie in moglie a Pedru.
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Ma il caso incuriosì la bella Mariedda, che armata di enorme coraggio sfidò la sorte e decise di convolare a nozze col nostro contadino, nonostante il parere discordante dei familiari.
E giunse così la prima notte, e i due dopo aver atteso ai doveri di rito si assopirono fianco a fianco.
Arrivata la mezzanotte un lugubre rumore desta la coraggiosa ragazza: un lungo corteo di evanescenti personaggi incappucciati attornia il letto matrimoniale e inizia a ritmare come una tetra nenia: “Ohi coro meu, ohi coro meu!!”, alternatamente dal primo all’ultimo dei terribili convenuti.
Al termine del concerto Mariedda, per nulla intimorita, prende parola e chiede: “E itte b’hat??” (“Che c’è??”)
Al che, quella che sembrava la figura principale rispose: “Si tenes coraggiu ponedi su pignenanti e pone fattu!” (“Se hai coraggio indossa il grembiule e seguici!!”). E lei di rimando si alzò, si cinse il grembiule e mise dietro al corteo che si trasferiva nella stanza attigua.
In questa stanza stava un vecchio armadio a muro. Al comando del capofila questo si spalancò e svelò l’accesso a una stanza segreta dove alcuni ceri rivelavano l’esistenza di un baule da morto vuoto. Così il corteo si dispose in cerchio come fatto in precedenza attorno al letto di nozze e riniziò la cantilena: “Ohi coro meu, ohi coro meu!”. Appena giunse il suo turno, Mariedda, insospettita, sciolse il grembiule e lo lanciò all’interno della cassa esclamando: “Bazzi in paghe cun Deus!” (“Andate in pace con Dio!”), e a quel punto il baule vuoto si riempì di ogni ben di Dio: monete d’oro zecchino, perle e gioie di ogni tipo strariparono a terra riempiendo la stanza.
E così il corteo riaccompagnò la novella sposa a riaccomodarsi col marito con il suggerimento di entrare l’indomani ad appropriarsi del tesoro.
Costei, quindi, appena risvegliata all’alba del giorno successivo, chiese al marito se si fosse mai accorto di qualcosa e gli chiese di buttare giù il muro che precludeva l’ingresso alla stanza nascosta dal vecchio armadio, raccontando l’accaduto. Quindi, varcata la soglia nascosta, si disposero estasiati per una computa della fortuna improvvisamente capitata in casa, e giunta nuovamente la notte, dopo lunghi festeggiamenti, si riaddormentarono felici.
Ma ancora non finì: alla mezzanotte furono svegliati da un allegro corteo: i personaggi della notte precedente deposero i lunghi cappucci e, tra mille ringraziamenti, si rivelarono per essere dei vecchi vicini trapassati, condannati a vegliare sul tesoro: “Nos azzis truncadu custa penitensia, godidebos su posidu cun saludu e allegria” (“Ci avete liberato dalla nostra maledizione, godetevi il tesoro con salute ed allegria!”).
E fu così che Pedru e Maria trascorsero un lunga vita, ricchi e felici per aver fatto conquistare il Paradiso ai vecchi vicini.
Antonello Scanu
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