Avevamo già cercato di portare a termine questo trekking qualche anno fa ma a causa di un ragazzo che era con noi e che all’improvviso ha scoperto di soffrire di vertigini, l’impresa è naufragata miseramente…
Dopo aver meditato sulla scalata alla vetta, partiamo in 4. Sicuramente ce la facciamo, siamo tutti preparati e carichi.
Arriviamo all’attacco del sentiero, che parte da una stradina laterale, sotto un tacco calcareo riconoscibilissimo in confronto alla roccia vulcanica della zona, lungo la strada che da Montevecchio scende verso marina di Arbus.
Lasciamo la macchina e zaini in spalla percorriamo la mulattiera che ci porterà verso le creste. Il tempo purtroppo non promette nulla di buono.
Percorriamo la mulattiera per un pò sino a quando troviamo il passaggio per iniziare la salita. Purtroppo il sentiero non è tracciato e ogni tanto ci fermiamo per lasciare qualche “omino” di pietra in modo che anche altri siano agevolati nel salire.
C’è qualche pezzo da fare non proprio agevole ma nel complesso è un trek molto semplice anche se le gambe, se non allenate, vengono messe alla prova.
Iniziamo a prendere quota e ogni tanto ci fermiamo a guardare il panorama e le caratteristiche lame di roccia basaltica che si innalzano come muri verso il cielo.
In lontananza, ma in avvicinamento, la pioggia si fa vedere. Si vedono anche le dune di Piscinas. Spettacolare!
Per salire abbiamo più volte seguito le tracce delle mucche al pascolo.
Pian piano abbiamo raggiunto una sella che ci ha permesso di passare al versante ovest delle creste e davanti ai nostri occhi si è presentato tutto il Campidano.
Dopo aver superato la sella, inizia a piovigginare per cui troviamo una cengetta in cui ripararci e risposarci anche un pò, visto che comunque abbiamo preso quota.
Non poteva certo mancare una compagna di tanti trekking in giro per l’isola.
Dopo esserci risposati un pò, proseguiamo sino a quando la stanchezza inizia ad essere tanta e finalmente in lontananza scorgiamo la nostra meta… Arcuenteddu in primo piano e Arcuentu sullo sfondo.
Dopo esserci inventati il percorso giungiamo ai piedi dell’Arcuenteddu dove ci aspettano tre bellissimi cavalli. Due grandi e un puledro. Uno dei grandi si avvicina minaccioso e ci costringe a passare più in basso.
Uno dei baldi della spedizione punitiva all’Arcuentu perde le forze… arranca a fatica… e noi con lui… purtroppo perdiamo un elemento della cordata quasi alla fine… a malincuore lo abbattiamo sul posto e lo sotterriamo poco dopo Arcuenteddu. I tre temerari avanzano, consapevoli del fatto che l’ora è tarda e in montagna nn bisogna improvvisare. Proviamo a spingerci almeno sino alla base del nemico…
La pendenza nell’ultimo tratto è mostrusa… mi viene un crampo alla gamba sinistra e anche i miei intrepidi compagni lamentano esplosioni articolari.
Individuiamo un percorso che si rivela tutt’altro che agevole. Con la forza della disperazione ci lanciamo di potenza contro un muro di rovi decisi ad andare avanti a qualsiasi costo, anche perchè tornare indietro sarebbe stato peggio.
Il tempo scorre inesorabile e la sera avanza.
Il cadavere del nostro amico si è alzato ed è andato a prendere la macchina parcheggiata quasi 6 km lontano dal punto in cui combattiamo contro i rovi malefici.
Alla fine abbiamo la meglio e ci lanciamo giù per la montagna verso la strada che vediamo molto più in basso. Troviamo un sentiero tracciato dalle mitiche mucche che in breve, si fa per dire, ci porta giù dove veniamo prelevati dalla macchina che prontamente ci riporta a Montevecchio.
Qui, dopo aver dato indicazioni sbagliate ad una turista tedesca pazza, ridiamo dell’avventura. Purtroppo Monte Arcuentu ha avuto la meglio anche questa volta… ma stiamo preparando la controffensiva…. Alla sua facciaccia ci gustiamo una bella birra Montevecchio….